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(il Coniglio Magno)
Aggiornato al 5 marzo 2007 |
MAESTRO DOGEN AL KENNIN-JI
Maestro Dôgen diventò monaco buddhista nell'anno 1212 (E.C.), al tempio Enryaku-ji di Kyôto. Praticò la vita monacale per circa tre anni. Siccome osservava però che l'allenamento così come veniva praticato in questo tempio a quell'epoca insisteva ben troppo sulle considerazioni intellettuali, si recò a visitare maestro Eisai al Kennin-ji di Kyôto, e finì per traslocarcisi.
Siccome il Kennin-ji appartiene alla scuola Rinzai, si può pensare che maestro Dôgen ricevette pure lui un kôan da quel maestro, e che ne considerò pure il senso durante zazen in quanto metodo per arrivare al Risveglio. Tale metodo differisce dalla pratica stessa di zazen. Ma maestro Dôgen aveva una mente estremamente vivace, a tal punto che pare poco probabile che sia arrivato all'idea sbagliata di aver ottenuto il cosidetto Risveglio, mentre non aveva infatti ottenuto nulla. Possiamo quindi pensare che si sia preocupato di non aver fatto quell'esperienza.
Forse aveva maestro Dôgen i suoi dubbi sul modo di praticare zazen in Giappone, alla sua epoca. Era giusto, o no ? Forse fu quella la ragione per il suo viaggio in Cina, per cercarci la vera pratica buddhista di zazen, tale come la si ci praticava a quell'epoca.
Ma allora, maestro Butsuju Myôzen, che succedette a maestro Eisai a capo del Kennin-ji, ebbe forse la medesima idea di maestro Dôgen. La speranza di, visitando la Cina, vivere direttamente la situazione esatta del Buddhismo cinese e di zazen. Lui e maestro Dôgen decisero quindi di partire per la Cina assieme per poterci trovare il Risveglio.
MAESTRO MYOZEN E MAESTRO DOGEN IN CINA
Purtroppo, maestro Myôzen si ammalò, due anni circa dopo esser arrivato in Cina. Morì al Keitoku-ji del monte Tendô il 27 di maggio 1225 (E.C.)
Maestro Dôgen proseguì le sue visite a più templi buddhisti cinesi, uno per uno. Sperava di poter incontrare un vero maestro buddhista che lo potesse soddisfare. Il primo di maggio 1225, incontrò il maestro Tendô Nyojo, che era appena stato nominato maestro del Tendôzan Keitoku-ji. Dopo di che, maestro Dôgen studiò il Buddhismo con lui finche ritornò in Giappone nel 1227.
Il valore di questo fatto storico è ingente. Prima, maestro Dôgen aveva praticato zazen in base all'idea che, praticandolo, gli studenti potessero arrivare al Risveglio, il che non è uguale alla pratica stessa di zazen. E' proprio questa grande preocupazione di maestro Dôgen di non potercela fare che lo fece partire per la Cina.
Ma gl'insegnamenti di maestro Tendô Nyojo erano radicalmente differenti da ciò a che si aspettava maestro Dôgen. Come lo espone nel capitolo Gyôji (cap. 30) dello Shôbôgenzô, maestro Tendô Nyojo proclamava che, "Praticare zazen è nient'altro che disfarsi del corpo-e-mente. Non è affatto necessario di bruciare incenso, recitare i nomi del Buddha, confessare i peccati, o legere i sutra. Ma se ci sediamo, semplicemente, tutto è stato ottenuto sin dall'inizio." Queste parole suggeriscono che praticare zazen è nient'altro che il bilanciare il sistema nervoso autonomo e disfarsi della coscienza del corpo-e-mente. Si pratichiamo soltanto zazen, abbiamo realizzato sin dall'inizio l'abbandono della coscienza del nostro corpo-e-mente."
Questo modo di pensare è uno dei principi maggiori della Ce mode de pensée est l'un des principes les plus importants della filosofia buddhista. Zazen è in nessun modo l'idea che la pratica di zazen sia un metodo, il cui scopo sarebbe il Risveglio. La pratica di zazen non deve venir considerata quale specie di mezzo strumentale in vista di un obiettivo separato, chiamato Risveglio. E' solo l'atto di sedersi all'istante presente. Ci è quindi assolutamente necessario di pensare che, in zazen, l'obiettivo e il metodo si combinano perfettamente in una cosa sola, di per l'atto stesso di sedersi. E' dunque importantissimo di praticare zazen in tanto di primo risveglio, e senza preocuparcir né di l'eventualità, né del momento in cui avverrà. Il primo risveglio è solo la pratica stessa di zazen à l'istante presente. Il secondo è solo la perfetta comprensione del sistema filosofico buddhista basato sulla vita quotidiana sincera del praticante buddhista, e sulla pratica di zazen.
IL RITORNO IN GIAPPONE DI MAESTRO DOGEN
Maestro Dôgen rientrò in Giappone nel 1227. Aveva 27 anni. Al suo ritorno, qualcuno gli chiese : "Cos'ha riportato dalla Cina ?" A quel momento rispose : "Nulla." E poi aggiunse : "Se dovetti dire qualcosa, sarebbe solo che (ciò che ho riportato è) la mente dolce e flessibile." E possiamo interpretarlo come il nostro corpo-e-mente così com'è, nello stato di equilibrio del sistema nervoso autonomo.
LA REDAZIONE DEL
FUKAN-ZAZEN-GI
Maestro Dôgen, al suo ritorno dalla Cina, dimorò
un tempo
in Kyushu prima di tornare al Kennin-ji di Kyôto. Si potrebbe
pensare che avesse un fortissimo senso di dover spargere il vero
Buddhismo in Giappone, quello che aveva studiato sotto la direzione di
maestro Tendô Nyojo in Cina. Egli parla di questa situazione
nel
capitolo dello Shôbôgenzô
intitolato Bendo (capitolo 1.), dove scrive che era
come se
avesse portato un pesante fardello sulle spalle. Ci si può
vedere dunque il suo Fukan-Zazen-Gi come
proclamazione di apertura dei suoi insegnamenti.
Ci sono due versioni diverse del Fukan-Zazen-Gi. Una è detta Shinpitsu-Bon, e l'altra Rufu-Bon. Lo Shinpitsu-Bon è la versione scritta dalla propria mano di maestro Dôgen, mentre il Rufu-Bon è quella che è stata spacciata nel pubblico.
Lo Shinpitsu-Bon fu scritoo in uno stile di caratteri cinesi nuovo all'epoca e venne quindi dichiarato Tesoro nazionale. Viene conservato nel tesoro del Eihei-ji, dove ancora si trova.
Dopo l'avere letto e riletto, concludo che il Rufu-Bonsarà probabilmente stato rivisto e forbito a più riprese da maestro Dôgen lu stesso. e quindi che quell'ultima versione è senza dubbio quella più compiuta, e più adeguata all'edizione standard del Fukan-Zazen-Gi.
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