Ingresso   Cultura del Loto   Maestro Gudo   Articoli   Dottrina   Canone Pali   
Sutra Mahayanici
   Umorismo   Storia   Galleria   Contatti   Legami

Sito realizzato da Nanabozoh (il Coniglio Magno)
Aggiornato al 5 marzo 2007

              Version française

[Ripreso dal blog di Gudo Wafu Nishijima rôshi]

20/7/2006

Fukan zazengi 

Nishijima roshi

Fukan-Zazen-Gi (4) Situazione reale di Zazen

Dopo questa spiegazione del Fukan-Zazen-Gi, vorrei aggiungere un po' di conoscenze dirette su di zazen.



(1) Se non si pratica zazen ogni giorno, tale pratica è inutile

Zazen è una pratica per realizzare l'equilibrio del sistema nervoso autonomo. Siccome si tratta di uno stato momentaneo, se per una ragione qualsiasi, abbiamo perso tale equilibrio nelle vita quotidiana, bisogna praticare zazen non appena possibile per poter ricoverare subito lo stato. Perciò raccomandava maestro Dôgen di praticare zazen quattro volte al giorno, con regolarità.

Tuttavia, ci sono parecchie differenze nelle società umane, sin dal tempo di maestro Dôgen, e dovremmo quindi sceglierci uno stile di vita che convenga alle nostre pratiche quotidiane di Zazen. Oggidì, il più di noi altri vive in società capitalistiche moderne, e dobbiamo solitamente trarre un guadagno regolare. Perciò, se vogliamo proseguire con la nostra pratica quotidiana di Zazen, bisogna assegnarle un momento adeguato, compatibile con la nostra vita quotidiana e le nostre attitvità redditizie. Nel mio caso, faccio zazen alla mattina per 30 minuti, e alla sera altri 30 minuti, sin da quando mi sono ritirato dal dojo di Ichikawa. Perciò, vorrei raccomandare a tutti nel mondo di praticare zazen ogni giorno a secondo le vostre possibilità programmatiche.

(2) Comprensione sbagliata di "Satori," ovvero "Risveglio"

E' vero che c'è qualcosa che viene chiamato "Satori" ovvero "risveglio", nel Buddhismo, ma nei fatti, ci sono parecchie comprensioni sbagliate di questo.

Ad esempio, c'è chi insiste che, se pratichiamo Zazen con diligenza, le nostre condizioni mentali e fisiche cambiano di botto, e una splendida situazione miracolosa si manifesta subito. Ma è importantissimo che osservassimo che queste specie di miracoli non esistono né in terra né in cielo. Queste storie provengono da un'esaggerazione, o di una fantasticheria. Ma noi, buddhisti, che non siamo altro che realisti, non dovremmo mai credere in queste idealizzazioni.

Allo stesso tempo, c'è un'altra storia, anch'essa in relazione con quel che si suol chiamare risveglio. Certi praticanti buddhisti insistono che se si pratica Zazen con enorme intensità, si possono incontrare situazioni fisiche stranissime, fantastiche e inconsuete. Se si segue un programma sbagliato e si pratica Zazen in condizioni malsane, è vero che si potranno incontrare più sorti di disordini fisici  e di confusione, e perderemo senz'altro la nostra sana e stabile condizione. E perciò necessario che pensassimo in accordo con quel che è vero, e che abbisogniamo sempre di mantenere la salute.

C'è quindi molta confusione nel Buddhismo, proveniente dal equivoco sul risveglio. Nel caso di maestro Dôgen, quando stava in Giappone, prima di andare in Cina, aveva lo stesso equivoco. Al tempo, era anche diligentissimo nella sua pratica di Zazen, affine di ottenere l'illuminazione. Ma visitando la Cina, conobbe maestro Tendô Nyojo, e questi proclamava che "praticare Zazen non è altro che buttar via la coscienza di corpo e di mente. Se solo si pratica Zazen, si può entrare nello stato (di risveglio) senza dilegua, subito". Udendo quello da maestro Tendô Nyojo, maestro Dôgen realizzò subito cos'è il risveglio. E osservo anche che il primo risveglio è semplicemente di praticare Zazen, proprio.

(3) Il vero risveglio.

Il vero risveglio, nel Buddhismo, è solo di praticare Zazen, proprio. Nella civiltà euro-americana, che ci [1] ha portato tanti benefici, vi sono due tipi di valori. Uno è la considerazione intelletuale nitidissima ed esatta, che ha prodotto tanti eccellentissimi pensatori filosofici, e l'altro è la beltà diretta, chiara e sensuale, che ha prodotto tanti stupendi artisti.

Nel Buddhismo, pero, ci sforziamo tanto di trascendere tutte e due la considerazione intellettuale e la percezione sensoriale, per poter trovare lo stesso mondo reale.

Perciò, in base alla pratica di Zazen, quando equilibriamo il nostro sistema nervoso autonomo, quello simpatico, causa dei pensieri intellettuali, e quello parasimpatico, causa delle percezioni dei sensi, diventano più o meno zero, e noi, esseri umani, possiamo direttamente vivere nel mondo reale, o mondo della verità. Questo è solo il primo risveglio. In altre parole, praticando Zazen ogni giorno, e mantenendo il nostro sistema nervoso autonomo in equilibrio, risultiamo risvegliati, o illuminati, proprio a quel momento.

E se continuiamo ogni giorno la nostra pratica di Zazen, possiamo mantenere il nostre sistema nervoso autonomo in equilibrio e pensare ad ogni sorte di problema filosofico in base al realismo, partendo e dall'idealismo, e dal materialismo. Io credo che tale esperienza includa il preziosissimo e fortissimo potere di cancellare le nostre abitudini antecedenti di idealismo o di materialismo, e di poter soltanto vivere completamente la nostra realtà.

In base a questa abitudine, possiamo riflettere a tutti i problemi filosofici in base al realismo, e ciò, ogni giorno. Una volte risolti questi problemi viene la perfetta comprensione di loro: questo è il secondo risveglio.

A legere gli esempi dei maestri buddhisti cinesi, ad esempio, maestro Joshu Jushin, e maestro Reiun Shigon, tutti i due ebbero bisogno di più di 30 anni per arrivare a questo secondo risveglio. Ci vuole un sacco di tempo. Ma non serve preocuparci di quel fatto. Perché, se pratichiamo Zazen ogni giorno, possiamo entrare nel risveglio stesso subito. Altrimenti detto, il risveglio, lo possiamo ottenere tutti i giorni, non c'è quindi da preocuparcene.

(4) I concetti di vacuità (Ku), o di nulla (Mu), sono totalmente sbagliati

Nelle società buddhiste di oggi, sono parecchi a insistere che la filosofia buddhista sia fondamentalmente una specie di nichilismo, e più periti aggiungono che la teoria buddhista sia fondamentalmente che questo mondo non è reale, e che tali pensieri nichilistici sono buddhismo.

Io penso anzi che una tale interpretazione sia  del tutto sbagliata. Questa comprensione sbagliata del Buddhismo in quanto nichilismo proviene dala traduzione seriamente scorretta del Mulamadhyamaka-karika di maestro Nagarjuna del secolo 3°, eseguita da Kumarajiva, che lo tradusse in cinese attorno al secolo 4°. Ma quando lessi l'opera direttamente in sanscrito, mi fu chiarissimo che Kumarajiva non aveva affatto capito il senso vero e proprio del Mulamadhyamaka-karika. Questa traduzione in cinese non esprime alcun senso veritiero del MMK (sin da qui vorrei utilizzare questa abbreviazione). Ma siccome venne eseguita nel quadro di un progetto governativo di traduzioni buddhiste, e che tale traduzione venne ufficialmente autorizzata in Cina, essa ha goduto di un influenza enorme nelle società di Estremo Oriente. Perciò, nel Buddhismo mahayana delle società estremo-orientali, i pensatori ortodossi tendono a ritenere il buddhismo come nichilistico, nel quale il mondo non sarebbe reale, ma anzi un'immagine astratta della vacuità.

Eppure, quando si legge il MMK con cura direttamente dal sanscrito originale, si può costatare che è solo un esempio del pensiero buddhista fondamentale, che spiega che il Buddhismo è soltanto realismo, e chiaramente crede che questo mondo esista davvero.

(5) Il realismo nel MMK

A legere il testo originale del MMK in sanscrito, diventa chiarissimo che quel libro afferma che il Buddhismo è nient'altro che una filosofia realista. Non c'è il minimo dubbio. Il MMK viene diviso in 27 capitoli, ma la sola lettura del primo chiarisce senz'altro questo punto.

Quel primo capitolo del MMK è intitolato "pratyaya" in sanscrito, e questo significa "credenza" o "fede". Possiamo dunque interpretare che Nagarjuna proclama il pensiero buddhista fondamentale, che traspare in tutto il libro. In questo capitolo, Nagarjuna descrive questo mondo in quanto mondo reale, dove tutto esiste davvero così com'è. Ho dunque scelto il titolo di "Fatti affidabili" per la mia traduzione di questo capitolo.

Include 14 versetti. Nel primo di essi, Nagarjuna afferma che la "subiettivita" non è reale, e neanche lo è l'"obiettività". "Subiettivita" traduce la parola sanscrita "svata" e "obiettività" rende la parola "parata". La mia interpretazione è che la parole subiettività significa i nostri pensieri, prodotti nel nostro cervello, e che la parola obiettività significa la percezione sensoriale, che stimola i nostri organi dei sensi. Ne deduco quindi che Nagarjuna affermava che le idee, prodotte nel cervello, non sono reali, e la percezione sensoriale, eccitazione degli organi dei sensi, neanche è reale. Penso quindi che Nagarjuna neghi tanto l'esistenza reale delle idee quanto quella degli stimoli sensoriali. Questo suggerisce esattamente che Nagarjuna neghi fondamentalmente tanto le filosofie idealiste quanto quelle materialiste.

Penso che l'idea buddhista di negazione dell'idealismo quanto del materialismo sia un punto importantissimo, quando si vuole capire la filosofia buddhista, poiché la negazione assoluta dell'idealismo e del materialismo nel Buddhismo suggerisce una critica forte assai delle considerazioni intellettuali. Eppure, dove possiamo trovare una qualsiasi filosofia che non fosse intellettuale? Rispetto a tale domanda, il Buddhismo afferma fondamentalmente l'esistenza  di una filosofia pratica, dimensionalmente diversa da quelle intellettuali. Perciò, benché questa fortissima negazione dell'idealismo e del materialismo possa somigliare ad una specie di nichilismo, interpretazione sbagliata di Kumarajiva, i fatti non combaciano affatto.

Lo possiamo verificare proprio perché, nel secondo versetto del primo capitolo, Nagarjuna indica quattro entità in quanto esistenza reale. La prima è la ragione, o lege dell'Universo, che compenetra tutto l'Universo. La seconda è il mondo esterno, dove stiamo vivendo proprio adesso. La terza è il momento presente, in cui si svolge il nostro agire. La quarta è la Realtà stessa, che si può venir identificata con Iddio. E Nagarjuna afferma determinatamente che non c'è quinta. Quindi, al seguito del suo decisivo atteggiamento, possiamo dedurne che aveva egli una grandissima confidenza nel suo proprio Realismo.

Nel quarto versetto del primo capitolo, dice che questi quattro fattori della Realtà si identificano con il nostro agire umano al momento presente.

Nel nono, insiste sul fatto che l'atto reale che compiamo al momento presente nella nostra vita quotidiana è proprio lo stesso dell'Universo intero. In altre parole, il nostro agire al momento presente non differisce dallo stesso Universo.

E penso che questo tipo di realismo propostoci da Nagarjuna debba essere lo stesso del realismo del Buddha Gotama, di quello di maestro Bodhidharma e di quello di maestro Dôgen.

(6) Un posto per Zazen

Il posto per praticare Zazen non ha necessariamente da essere largo, ma maestro Dôgen dice "basta che abbiamo un posto dove il nostro corpo possa entrare".

(7) La postura

In Zazen, la postura genuina di Zazen è importantissima, e maestro Dôgen la descrive molto precisamente. Ci rimane dunque solo da seguire con sincerità le sue istruzioni. Ad esempio, anche nelle scuole buddhiste del Giappone, c'è l'esempio di usare di una sedia per Zazen ma mi pare che si dovrebbero evitare quel tipo di atteggiamenti di compromesso.

La cosa più importante in Zazen è il mantenere la schiena, sin dalla parte inferiore, le dorsali, le cervicali, con il vertice della testa mantenuto un po' indietro, in una linea così ritta e verticale quanto possibile. Dunque, per fare quello, bisogna tirare il mento indietro e in basso quanto possibile, per fissare l'assieme della schiena. Senza tale postura, è difficile evitare le considerazioni intellettuali durante Zazen. Senza di esso, una postura rilassata a volte può diventare causa di irritazione a cagione della difficoltà di smettere di cervelloticare.

(8) Metodo di respirazione

Pur essendoci tanti varii metodi di respirare in Zazen, trasmessi tradizionalmente o attraverso leggende nelle società buddhiste, mi pare che in questo problema sia adeguatissimo seguire le istruzioni di maestro Dôgen, dimostrateci nel capitolo 5 dello Eihei-koroku (recante un numero totale di 390 paragrafi) in quanto archivio delle sue conferenze formali, date in sala di conferenze. A proposito dello Eihei-koroku, c'è un'edizione preziosissima, pubblicata dal maestro Kishizawa I-an nel magazzino del tempio Eihei-ji, qualche decenni fa. Il fu abate del tempio, Niwa Rempo Zenji, lo fece ristampare da Kanazawa Bunko di Tokyo, e mi pare l'edizione più affidabile.

Nel Eihei-koroku, proprio quando maestro Dôgen decrive il metodo di respirare in Zazen, insiste prima di tutto sull'importanza di mantenere con accuratezza la postura corretta, e poi descrive il metodo di respirare. Possiamo quindi osservare quanto egli riverisce la postura regolare di Zazen.

Prima di tutto, maestro Dôgen nega che ci sia tale regolamento del respiro, anziché la pratica di mantenere la mente al livello più alto, tanto valorizzata nel Buddhismo hinayana. Possiamo interpretare questo nel senso che maestro Dôgen riconosce chiaramente che il Buddhismo non è in nessun caso una filosofia idealista, e osserva alquanto chiaramente che gli sforzi idealisti del Buddhismo hinayana non possono in alcun caso essere Buddhismo. Perciò, malgrado il metodo di contare il numero dei respiri durante zazen nel Buddhismo hinayana, maestro Dôgen rifiuta chiaramente questo metodo scorretto.

In relazione al Buddhismo mahayana, questi a volte insiste sul fatto che, quando il respiro è lungo, dovremmo riconoscere che è lungo, e che quando è corto, dovremmo riconoscere che è corto, per farla breve che dovremmo prendere il fatto reale così com'è, e non adoperare alcun sforzo intenzionale. Taluni sostengono dunque che bisogna adoperare un metodo speciale in cui si inspira tra l'addome e si espira pure tra l'addome. Ma maestro Dôgen nega anche qui che esisti un metodo di quel tipo.

Alla fine della sua conferenza, egli descrive la sua propria opinione sul problema della respirazione e dice: "Quando siamo vigorosi, pratichiamo Zazen. Quando abbiamo fame, mangiamo i pasti, e allora ci sentiamo soddisfatti". Tali parole suggeriscono che la pratica di Zazen è anche la nostra attività vigorosa nella vita quotidiana, e non è quindi utile avere criteri intellettuali o abitudini particolari. Maestro Dôgen ci encorraggia a semplicemente approfittare della pratica di Zazen, senza preocuparci di interpretazioni intellettuali.



[1] Ai giapponesi, s'intende. Maestro Nishijima parla dal suo punto di vista giapponese in Giappone. [ritorno]


Ritorno alla pagina Gudo


Per ogni informazione su di Nishijima Roshi, e su i suoi libri ed articoli pubblicati da Windbell Publicazioni Ltd, pregasi andare sul nostro sito, a:

http://www.windbell.com

Dogen Sangha

 

© Windbell Publicazioni 1992
4-505 Kamishakujii 3-19 GIAPPONE
Tél/Fax: +81 (0)3-3929-4680
http://www.windbell.com



Ingresso   Cultura del Loto   Maestro Gudo   Articoli   Dottrina   Canone Pali   
Sutra Mahayanici
   Umorismo   Storia   Galleria   Contatti   Legami