Shôbôgenzô
Shoji di maestro Dôgen
92esimo capitolo dello
Shôbôgenzô, il "Tesoro
dell'Occhio del
Vero Dharma".
La vita e la morte
Sho significa
"vita", e ji
significa "morte". Shoji
è quindi "la vita e la morte". Pur esistendo le parole
"vita" e
"morte" in ogni lingua, maestro Dôgen dice che noi non
possiamo
capire intellettualmente ciò che sono la nostra vita e la
nostra
morte. Egli dice che il senso di esse è incastonato nella
nostra
vita reale giorno dopo giorno. Qui, egli spiega vita-e-morte in quanto
stato momentaneo reale all'istante presente. Nella nostra vita di tutti
i giorni, la vita e la morte esistono in un tutto indiviso.
[93]
Perché nella vita e nella morte c'è
il buddha, non ci sono né vita né morte. Ancora
una
volta, noi possiamo dire: Perché nella vita e nella morte
non
c'è
"buddha", noi non veniamo ingannati dalla vita-e-morte. [1] [Tale]
senso fù espresso da Kassan [2]
e Jozan [3].
[Tali] sono le parole dei due maestri Zen; sono le parole di
persone che avevano trovato la verità, e non è
quindi in
vano che esse sono state iscritte. Chi si vuole liberare dalla vita e
dalla morte deve soltanto
illuminare questa verità. Se si va in cerca del buddha al di
fuori della vita-e-morte, è come dirigere un carro
a
nord per andare a Etsu [che sta al sud], o come girarsi
verso al sud e sperare di vedere la stella polare. E'
ammucchiare sempre più cause di vita e di morte e d'aver
completamente perso la via della liberazione. Quando si capisce che
sola la stessa vita-e-morte è di per sé il
nirvâna,
non rimane nulla da odiare in quanto vita-e-morte e nulla che
agognare in quanto nirvâna. Solo allora, per la
prima volta, esiste il modo di liberarsi dalla vita e dalla
morte.
Capire che noi ci
spostiamo dalla nascita [4]
alla morte è un errore. La nascita è
uno stato a un
momento dato; ha già un passato e avrà
un avvenire. E' per tale ragione che si dice nel Buddha-Dharma che
l'apparizione è soltanto una non-apparizione. [5] L'estinzione [6]
anch'essa è uno stato a un momento dato; anch'essa ha
un passato e un avvenire. perciò viene detto che la
sparizione non è altro che una non-sparizione
[7] Nel tempo chiamato vita,
non
c'è nulla tranne lavita. Nel tempo chiamato morte,
non
c'è nulla tranne la morte. Così, quando viene la
vita,
essa non è altro che vita, e quando viene la morte, essa non è
altro che
morte; non dite, confrontandole, che le servirete, [8]
e non auguratele.
[95]
Questa vita-e-morte
non è altro che la vita sacra di buddha. Se noi la odiassimo
e
volessimo disfarcene, sarebbe non più che di voler perdere
la
vita sacra di buddha. Se noi vi ci impiantiamo, se noi ci attacchiamo
alla vita-e-morte, questo anche è perdere la vita sacra di
buddha. Ci limitiamo alla condizione di buddha. Quando noi siamo senza
aversione e senza desiderio ardente, allora, per la prima volta, noi
entriamo nella mente di buddha. Ma non considerarlo con la mente e non dirlo con parole!
Quando solo noi molliamo la presa dal nostro proprio corpo e dalla
nostra
propria mente e quando
li buttiamo nella casa di buddha, vengono messi
in azione sin dal fianco del buddha; poi, quando noi continuiamo a
ubbidire a quello, senza esercitare forza alcuna e senza mettere la
mente a contribuzione, noi ci
liberiamo dalla vita e dalla morte e diventiamo buddha. Chi si
vorrebbe indugiare nella mente?
[97] C'è
un modo molto agevole di diventare buddha. Non fare il male; stare
senza attaccamento alla vita-e-morte;
dimostrare una compassione profonda
rispetto agli esseri vivi,
venerare chi sta al di sopra ed aver pietà di chi sta al di
sotto; esser liberi dalla mente che schifa le diecimila cose e liberi
dalla mente che le desidera; avere la mente senza pensiero e senza
dispiacere: ecco cosa si chiama buddha. Non cercare
nient'altro.
Shôbôgenzô
Shoji
Anno non notato.
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Note:
1- Tali sono le
variazioni che fa maestro Dôgen su di espressioni che
compaiono nel Keitoku-dentô-roku,
cap.7:
Jozan dice a Kassan: "Perché nella vita e la morte non
c'è buddha, non c'è la vita-e-morte." Kassan
risponde:
"Perché nella vita-e-morte c'è buddha, allora noi
non
veniamo ingannati dalla vita-e-morte."
[ritorno]
2- Maestro Kassan Zen-e (805-881),
un successore
di maestro Sensu Tokujo. Sul suggerimento di maestro
Dôgô Enchi, egli fece una visita al
maestro Sensu e
ottenne la verità sotto la sua direzione. (vedi cap.14, Sansui-gyô, e
Shinji
Shôbôgenzô, prima parte,
no.90). Più
tardi, egli visse ed insegnò sul monte Kassan. Il suo titolo
postumo fu Gran Maestro Denmyô. [ritorno]
3- Maestro Jozan Shin-ei (date
sconosciute, succesore di maestro Isan Reiyu. [ritorno]
4- Sho
significa "nascita," "vita," "sorgere" o "apparizione". [ritorno]
5- SHO sunawachi FUSHO.
FUSHO, non-apparizione, esprime l'istanteaneità. Vedi, ad
esempio, il cap. 3, Genjô-kôan. [ritorno]
6- METSU significa
"estinzione," "morte," "cessazione" o "sparizione". In linea di
massima, SHOJI suggerisce "vita e morte" mentre
SHOMETSU suggerisce "apparizione e sparizione"; ma METSU ha pure il
senso di "morte". [ritorno]
7- METSU sunawachi FUMETSU.
FUMETSU, "non-sparizione," esprime anche
l'istanteaneità -- l'istante presente è
indipendente e
quindi, non compare in provenienza dal passato e non sparisce nel
futuro. [ritorno]
8- "Servire la
vita"
o "essere un servo della vita" significando, ad esempio,
l'atteggiamento di un ipocondriaco, o di coloro sono troppo preocupati
della loro salute fisica. "Servire la morte" descrive l'atteggiamento
di un tossicodipendente o di uno che guidarebbe sragionevolmente
veloce.
"Confrontare" suggerisce la separazione. [ritorno]
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