Risveglio
Partecipo a qualche liste di dicussioni su di
Internet. A volte mi faccio seriamente la domanda di sapere se serve di
qualcosa, visto che gl'intervenenti sono praticamente sempre gli
stessi, e tendono persino a ciò che viene chiamato in
inglese, il "one-track mind" [letteralmente, la mente di un sol
binario, altrimenti detto col pallino]. Ma, a volte, echi giungono fino
a me, da persone che leggono senza mai intervenire, e che sembrano
beneficiare degl'interventi, i miei tra altri. Dunque, poco fa, su di
una lista spagnola, qualcuno a fatto un intervento intempestivo sul
Risveglio, riportandolo un'altra volta al leggendario ed al
maraviglioso. Vorrei qui butare un secchio d'acqua ben ghiacciata su di
questi ardori.
Effettivamente, nel suo intervento, questa
persona iniziava col dire che un monaco, una volta che ha ottenuto il
Risveglio, diventa un roshi. Non mi sono quindi potuto trattenere dal
saltare per menzionare che, a secondo le parole di Philip Kapleau,
"è roshi chiunque può convincere altre persone di
chiamarlo così." Niente a che vedere col Risveglio. Non per
dire che coloro i quali vengono titolati così non lo
meritano. -- vuol soltanto dire 'vecchio maestro'. Significa soltanto
che l'abito non fa il monaco, e che il titolo non vale merito.
C'era anche un delirio sul Risveglio e le
virtù che procura. Acciò replicai con questa
frase di un qualsiasi maestro zen
nun m'arricordo de chi era) nella quale viene detto: "Prima di
addentrarsi sulla Via, le montagne sono montagne ed i
fiumi sono fiumi. Dopo che ci si sia inoltrato nella Via, le montagne
non sono più montagne ed i fiumi non sono più
fiumi. Quando si ha realizzato la Via, le montagne sono i nuovo
montagne ed i fiumi sono di nuovo fiumi."
Vorrei commentare questo passaggio. E' fin
troppo facile farsi un delirio su i un' "Illuminazione" che
trasformarebbe il suo felice assegnatario in un superuomo dai poteri
magici e dalla splendenza trascendente e sublime. Personalmente, ho
persino sentito certe persone dichiarare che un maestro realizzato
beneficiava, tutto quanto il Papa, dell'infallibilità
dottrinale. A me, al solo legere i sutra del Canone Pali, devo
costatare che il Buddha storico quello non c'e l'aveva. Anche se
potrà sembrare sacrilegio a taluni. Ad esempio, quando la
sua zia e la sposa insistono per che ammettesse le donne nel sangha, il
suo rifiuto iniziale, ed anche il fatto che Sariputra lo abbia potuto
convincere di tornarci sopra, dimostrano che il Buddha poteva cambiare
idea. Ora, non si cambia idea quando si è infallibili. Lo
stesso, la Sua durezza di tono quando fa il rammarico a tale monaco che
aveva capito male il suo insegnamento, e gli da dello 'stupido' nel
testo non dimostra gentilezza alcuna rispetto al disgraziato, che per
altro si sente schiacciato dalla vergogna. Il che poco corrisponde al
nostro modo di vedere.
Ma per tornare al nostro commentario,
dirò che, effettivamente, una persona che si è
addentrata sulla Via, ossia perché lnon la conosce, ossia
perché la rigetta, vede nelle montagne solo montagne e nei
fiumi solo fiumi.. Tutto prosaico e fattuale. Per quella gente, le
conse sono quel che sono e basta. I materialisti ci vedono incidenti
geologici di calce o di granito, di basalto o di marmo, od altro
materiale, mentre gl'idealisti ci vedono solo concetti. (Naturalmente,
tutto ciò è un'esagerazione. C'è chi
sarebbe così radicale? Ma è l'idea generale.
La persona che si è addentrata
nella Via avrà tendenza a farsi del cinema sul Risveglio, ad
aspettarne tutt'altra cosa che la piatta realtà quotidiana,
a prendersi il capo con i poteri magici, lo stato sublime e per forza
paranormale che ne risultano. Avra tendenza a fantasiare ed a perdersi
in conjetture su ciò che la potrebbe succedere al giorno in
cui accadderebbe. Il risultato ne potrebbe persino essere un totale
traviamento col lasciarsi andare all'ambizione di venir 'riconosciuta'
dagli altri, o persino dall'Umanità intera, a partire da
quel benedetto giorno. Od ancora potrebbe avere una vista relativamente
corretta della cosa, ma esclusivamente intellettuale, e per niente
basata sull'esperienza psico-fisica.
Ma la persona che realizza la Via vede di
nuovo le montagne come per ciò che sono, ma in un modo
diverso da prima. Capisce quel che sono intimamente, nello stesso modo
che si capisce quel che ci voleva per far salare la crepe, riuscire la
frittata, succedere nel far girare una mano sul addome mentre l'altra
batte sul capo, o qualsiasi altra cosa dove, quando ci si riesce, viene
di botto solo una frase in mente : "Ma certo! Bisognava pensarci!"
Allora, se si vuole riuscire una di quelle
prodezze qui sopra, non rimane più che da esercitarsi senza
tregua fino al
successo. Allora, per la Via, bisogna esercitarcisi senza tregua sino
al Risveglio. Sedersi giorno dopo giorno, senza mai
preocuparsi dell'apparente scacco (ed a volte quotidiano), senza mai
trascurare l'etica, poiché meditazione senza etica
e senza sagezza, è solo una perdita di tempo, che la stessa
saggezza senza etica, equivale a come lo poneva il nostro vecchio detto
cattolico, "scienza senza coscienza è solo rovina
dell'anima"; e che la saggezza senza la meditazione è solo
saggezza
letteraria, intellettuale dalla dubbiosa efficacia poiché
non fondata nell'esperienza ne l'intuizione, ed infine, che l'etica
senza né meditazione né saggezza è
solo una morale convenzionale, che porta alla rigidità
mentale.
Mxl