Ingresso   Cultura del Loto   Maestro Gudo   Articoli   Dottrina   Canone Pali   
Sutra Mahayanici   Umorismo   Storia   Galleria   Contatti   Legami

© Nanabozho (Gichi Wabush)

Si dice del sûtra della discesa al Lanka che venne trasmesso alla Cina da Bodhidharma, e che egli lo usava in quanto sigillo della sua trasmissione. Donatella de Col ha tradotto quest'estratto in italiano a partire dalla versione inglese di Daisetz Teitaro Suzuki. Riceverò con gratitudine ed umiltà le osservazioni dei lettori. 'En passant', vorrei far notare che il famoso versetto attribuito a Bodhidharma

Una trasmissione speciale al di fuori delle scritture.
Senza dipendenza rispetto alle lettere e alle parole.
Rivelare direttamente ad ognuno sla sua mente originale
Vedere la propria vera natura e realizzare la Natura-di-Buddha.

Spesso si eccipisce di questa quartina per sostenere che lo Zen non ha nulla a che fare dalle scritture, sûtra o altri testi e documenti elaborati sin da 2500 anni nel ambito buddhista. Tale atteggiamento è molto apprezzato dai "zenisti" occidentali, poiché gli esenta dallo sforzo dello studio delle basi dottrinali indispensabili ad una sana pratica. Quando si legge il Lanka, si ha la sorpresa di scoprire al rigiro del capitolo VI un passagio, che è manifestamente la fonte di questa famosa quartina. Purtroppo, per i dispregiatori dello studio del Buddhismo, il seguito non è tanto favorevole ad un'interpretazione troppo letterale del testo. Ecco questo passaggio.

Lankavâtara Sûtra

Sûtra della Discesa al Lanka

Auto-realizzazione della Nobile Sagezza

Chapitre VI.

L'Intelligenza trascendentale (estratto) 

Quando si considera l'Intelligenza Trascendentale, bisogna tenere presenti quattro cose: le parole, i significati, gli insegnamenti e la Nobile Saggezza (Arya-prajñâ). Le parole servono ad esprimere significati, ma, come causa, dipendono da discriminazioni e memoria, oltre all'impiego di suoni e lettere che rendono possibile un mutuo trasferimento di senso. Le parole sono solo simboli, non sempre in grado di veicolare in modo chiaro e completo il significato, e per di più soggette ad essere interpretate in modo molto diverso rispetto alle intenzioni di chi le ha pronunciate. Le parole non sono né diverse, né non-diverse rispetto al senso e lo stesso vale per il senso in rapporto ad esse.

Se infatti il senso fosse differente rispetto alle parole, non si potrebbe manifestarlo tramite parole; piuttosto, (sarebbe meglio dire che) il senso è illuminato dalle parole, come le cose lo sono da una lampada. Le parole sono appunto simili alla lampada usata da un uomo che vuole ispezionare la sua proprietà e grazie a quella luce puo' dire: questo è proprietà mia. Ugualmente, tramite le parole e il linguaggio, che traggono origine dalla discriminazione, il Bodhisattva può penetrare il senso degli insegnamenti dei Tathagata e grazie al senso, può accedere allo stato elevato di auto-realizzazione della Nobile Saggezza, che è in sè libero da ogni discriminazione connessa all'uso delle parole. Se pero' ci si attacca al senso letterale, abbarbicandosi all'illusione che esista coincidenza tra parole e senso, particolarmente in casi come il Nirvâna, che è non-nato e non-mortale, o le distinzioni dei Veicoli, i cinque Dharma, le tre Nature proprie, allora non si riuscira' a cogliere il significato vero, restando invece intrappolati nella rete delle asserzioni e delle confutazioni. E', proprio come accade nei sogni e nelle visioni in cui vediamo distinti molteplici oggetti, un'erronea discriminazione tra idee e loro formulazioneverbale non fara' altro che moltiplicare l'errore.

Le persone ignoranti e ingenue dichiarano che il senso non è diverso dalle parole, che tali le parole, tale il senso. Credono che il significato, non avendo corpo, coincida con le parole, sia identico ad esse. Facendo cosi' dimostrano di ignorare la vera natura delle parole, che vanno soggette a nascita e morte, a differenza di quanto accade per il senso. Le parole dipendono dalle lettere dell'alfabeto, il significato invece prescinde dall'esistenza e dalla non-esistenza, non ha sostrato, è non-nato.  I Tathagata non insegnano un Dharma dipendente dalle lettere; chiunque insegnasse una simile dottrina sarebbe solo uno che parla a vuoto, poiché la Verità è aldilà delle lettere, delle parole e dei libri. Questo non significa che lettere e libri non esprimano mai ciò che è conforme al senso e alla verità: significa piuttosto che parole e libri dipendono dalle discriminazioni, mentre non e' cosi' per il senso e la verita'. Inoltre parole e libri sono soggetti all'interpretazione delle menti individuali, mentre il senso e la verità non lo sono. D'altra parte, se la Verità non fosse espressa in parole e libri, verrebbero meno le scritture, che contengono il senso della Verità, e senza le scritture non esisterebbero più né discepoli né maestri, né Bodhisattva né Buddha, ne' contenuti da insegnare. Nessuno pero' deve sviluppare attaccamento alle parole delle scritture, poiché persino i testi canonici a volte sviano dal loro corso diretto a causa del funzionamento imperfetto delle menti senzienti.

Io stesso ed altri Tathagata offriamo insegnamenti religiosi ad ogni sorta di esseri, in risposta ai loro diversi bisogni e credenze: ma l'intento e' quello di liberarli dai condizionamenti che sono connaturali al modo di funzionare della mente, non quello di soppiantare (in loro) coi nostri insegnamenti l'autorealizzazione della Nobile Saggezza. Al mondo non esiste nulla al di fuori di cio' che si vede della mente stessa: quando si arriva a riconoscere questo, ogni discriminazione dualistica viene abbandonata, si comprende la verita' di cio' che trascende le rappresentazioni (mentali), si coglie la sua conformita' al senso, piuttosto che a lettere e parole.

Le persone ignoranti ed ingenue, soggiogate dalle loro stesse immaginazioni e costruzioni mentali erronee, continuano a danzare e saltellare qua e la': incapaci di comprendere, attraverso l'uso delle parole, la verità dell'auto-realizzazione, tanto meno sono in grado di comprendere la Verità in se stessa. Poiche' si aggrappano al mondo esterno, restano arroccate nello studio dei libri, che sono solo un mezzo, e (percio') non sanno adeguatamente accertare la verità dell'auto-realizzazione, che è Verità non contaminata dalle quattro proposizioni. L'auto-realizzazione e' uno stato elevato di conseguimento interiore, che trascende ogni forma di pensiero dualistico e si pone al di la' dei meccanismi di funzionamento della mente, con la sua logica e i suoi modi di argomentare, teorizzare e spiegare. I Tathagatas ricorrono all'esposizione ragionata con chi e' ignorante, ma ai Bodhisattva, che ricercano l'auto-realizzazione della Nobile Saggezza, offrono un sostegno (che si colloca al di la' delle parole).   Ogni discepolo faccia dunque bene attenzione a non sviluppare attaccamento alle parole, come se queste fossero perfettamente corrispondenti al senso, perche' la Verita' non si trova nelle lettere.  Quando un uomo indica col dito qualcosa a qualcuno, l'estremità del dito potrebbe essere scambiata con l'oggetto indicato; allo stesso modo gli ignoranti e gli ingenui, come i bambini, sono incapaci, fino al giorno della morte, di abbandonare l'idea che tra parole-indicatori e significati esista coincidenza perfetta. Non possono realizzare la Realtà Ultima a causa del loro intendimento, tutto aggrappato alle parole, le quali invece non hanno altra funzione se non quella di un dito puntato.   Le parole esistono nel mondo della discriminazione e ci tengono legati al desolante ciclo delle rinascite nel mondo di nascita-e-morte; il senso (invece) sussiste da solo e ci guida al Nirvâna. Al senso si giunge attraverso un profondo studio, e uno studio profondo si realizza quando si diventa familiari col senso e non con le parole; i ricercatori di verità accostino dunque con riverenza i saggi e si tengano lontani da chi e' fissato sull'esattezza e completezza di particolari parole.  


Nota:

[1] "Esistenza propria": Anatta in pâli (lingue dei testi buddhistici i più antichi), il che significa in pâli "senza se" (an privativo e atta, se, essere). Questo termine spesso viene tradotto da "senza ego" e "atta" da "ego". Visto l'uso abusivo che ha potuto essere fatto da questa espressione, meglio vale, mi pare, ritornare al stricto sensu dell'espressione, che parla dell'interdipendenza, e dal fatto che niente esiste fuori dal suo contesto. [ritorno]


Ingresso   Cultura del Loto   Maestro Gudo   Articoli   Dottrina   Canone Pali   
Sutra Mahayanici   
Umorismo   Storia   Galleria   Contatti   Legami