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Aggiornato al 15 novembre 2006

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nishijima

[Ripreso dal blog di  Gudo Wafu Nishijima rôshi]

24/9/2006

Testo del Gakudô-yôjin-shu 

1. Stabilire la voglia di Verità


La voglia di Verità ha più nomi1, ma tutti riferiscono allo stesso stato mentale. Come disse maestro Nagârjuna: "Una mente che riflette solo sull'incostanza del mondo secolare, così come appare e sparisce, può anche venir chiamata voglia di Verità" .

Possimao dunque, per il momento, utilizzare quella definizione della voglia di Verità. E' certo vero che, quando consideriamo la vanità del mondo secolare, l'egoismo non s'impadronisce della nostra mente, ed il desiderio di gloria e richezza non si manifesta neanche. Anzi, al vedere il tempo fuggire così svelto, ci mettiamo a praticare la verità come si trattasse di spegnere un incendio nella nostra capigliatura. E, sapendo la fragilità della nostra esistenza fisica, facciamo il nostro meglio per camminare, così come faceva il Buddha, in punta ai piedi2.

Ben possiamo ascoltare il canto celeste degli uccelli Kalavinka3, ma le nostre orecchie presto si perdono nella brezza vesperale. possiamo guardare l'ammirevole viso di Mosho o di Seishi4, ma la ruggiada del mattino ed i nostri occhi si chiudono per sempre. Eppure, una volta liberi delle catene dell'attaccamento al suono ed alla forma, possiamo naturalmente incontrare il principio supremo della voglia di Verità. Abbiamo udito parecchi esempi, dai tempi antichi fino ai nostri, di gente a chi mancava la conoscenza, e di gente alla mente ristretta. la maggioranza di loro è caduta nella trappola della gloria e della ricchezza, ed ha guastato la sua occasione di vivere per sempre la vita buddhistica. E' pietoso, ed anche tragico, ma dobbiamo sapere che sono cose che succedono.

Pur leggendo splendidi sutra buddhisti, allegorici e litterali, oppure, avendo ricevuto libri di teoria buddhistica, concreta ovvero esoterica, se non si ha respinto gloria e ricchezza, mai si potrà pretendere aver stabilito la voglia di Verità.

C'è chi sostiene che la voglia di Verità è la voglia della suprema mente risvegliata, corretta e bilanciata, e che ciò non ha nulla a che vedere con la gloria e la ricchezza. C'è anche chi dice che è uno stato di mente momentaneo in cui esistono i tremila concetti e intendimenti. Altri ancora sostengono che è la porta dell'insegnamento buddhista in cui neanche momentaneamente compare la mente. Altri pure pretendono che la voglia di Verità è la mente con cui si entra nel Buddhismo. Ma coloro i quali dicono tali cose loro stessi non hanno ancoraavuto la voglia di Verità, ed è così che la defamano disordinatamente. Si allontanano smpre più del cuore della verità buddhista.

Ad esempio, quando avete voglia di gloria e di ricchezza, pensate pure alla vostra propria mente, in questo luogo e momento. Includerà allora i tremila mondi dell'essenza e della forma, si o no? Fate pure voi lo sperimento dell'insegnamento buddhista nel quale la mente neanche momentaneamente compare? No, lì c'è solo la voglia di gloria e l'amore delle ricchezze; in tale stato, non esiste nessuna possibilità per voi di poter afferrare la voglia di Verità.

Sin dai tempi più antichi, santi buddhisti che hanno avuto l'accesso alla Verità e ricevuto gl'insegnamenti del Buddha Gotama hanno insegnato mescolandosi alla gente comune, pero mai, mai, hanno avuto minimamente la pessima idea di ottenerne gloria e ricchezza. Non erano persino neanche attaccati agl'insegnamenti del Buddha. Inutile, quindi, di menzionare nulla sul loro attaccemento al mondo secolare.

La voglia di Verità, come già l'ho detto, è una mente che riflette sull'impermanenza di questo mondo, e questo è solo una delle numerose spiegazioni che se ne possa dare. Non ha nulla a che vedere con quel che dettono i lunatici. Le immagini della non-apparenza ed i tremila mondi di forme vengono realizzati dall'azione splendida, compiuta dopo dello stabilimento della voglia di Verità; non confondiamo dunque le tappe del processo. In breve, se vi dimenticate un istante, e praticate' in privato, vi famigliarizzarete con la voglia di Verità.

Si può dunque dire che le sessantadue viste non-buddhiste sono tutte radicate nell'egoismo. Quando il nostro atteggiamento diventa egoista, dobbiamo praticare zazen e riflettere con calma su di noi stessi. Cosa abbiamo dentro di noi e sul nostro corpo? A che dobbiamo fidarci, fondamentalmente? Abbiamo ricevuto il nostro corpo, con tutto di capelli, peli e pelle, dai nostri padre e madre, dal seme di lui e dall'ovo di lei -- come nulla, sin dall'inizio fino al fine. La mente, le intenzioni, la coscienza e la conoscenza mentale ci sembrano dare la sua integrità alla nostra vita. Ispiriamo, espiriamo, ma a cosa ci avanza, al fine? Non possiamo neanche dire di quelle cose che sono noi. Tra tanti fenomeni, qui e là, non c'è nulla a che ci si debba attaccare. Soli quanti stanno nell'illusione lo fanno. Coloro i quali sono arrivati alla verità gli lasciono per quel che sono Eppure, preocupandosi dal loro Se, che loro non è, e lasciandosi prendere alla trapola dell'idea di apparenza che è non-apparenza, la gente fallisce nell'esercitare le pratiche buddhiste che dovrebbe praticare e nel tagliare gli attaccatmenti secolari ed emozionali che dovrebbero tagliare; odiano gl'insegnamenti sinceri e vanno a caccia d'insegnamenti fallaci. Come mai possono tanto fuorviare?



1 Bodaishin in giapponese, bodhicitta in sanscrito.

2 Ci si potrebbe accontentare di tradurre con "mettere i nostri passi in quelli del Buddha".
    Ciò detto pero, dopo di una lunga seduta in zazen, si tende a camminare sulla punta dei piedi. E' probabilmente ciò a che si allude, qui. 

3 Uccelli dell'India antica, rinomati per la bellezza dei loro canti.

4 In cinese moderno: Maoqiang, e Xishi. Cortigiane celebri della corte imperiale cinese nei tempi antichi


Il seguito del: Testo del Gakudô Yôjin shu


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