La
pratica di zazen e il proseguimento della verità sono grandi
compiti per tutta la nostra vita --- da non prendere alla leggera. Come
potremmo mai dimostrarci temerari al mettergli in pratica? La gente
(in ricerca della verità) del passato
si è tagliata il braccio o le dita; questi sono eccellenti
esempi venuti dalla Cina. Tanto tempo fà, il Buddha Gotama
lasciò la sua famiglia e abbandonò il regno;
questo pure
è un precedente nella pratica de la verità.
Oggi,
la gente dice che dobbiamo avere una pratica facile. Ma tale parole
sono totalmente sbagliate. Non sono assolutamente conforme al
Buddhismo. Anche se scegliessimo di praticare
qualcosa di facile quanto lo stare disteso su di un letto, finirebbe
per essere faticoso. E se ci permettessimo di lasciarci annoiare dalla
nostra sola pratica, tutto il nostro lavoro diventarebbe faticoso.
Inutile dire che la gente a chi piacciono le pratiche facili non hanno
la costituzione idonea per ricercare la verità.
Lungi
dall'essere facili, gli insegnamenti che si sono sparsi dappertutto il
mondo non sono altro che l'insegnamento che il gran maestro
il
Buddha Gotama ha raggiunto tramite pratiche ardue e dolorose attraverso
tempi senza inizio. La fonte originale
era così. Come mai potrebbero essere facili i torrenti? Egli
a
chi piace la verità mai si deve proporre una pratica facile,
poiché allora mai si potrebbe poggiare su di un terrono
sodo, e
faticarebbe ad arrivare al deposito del tesoro.
Ci
furono nel passato gente di una grande abilità, e persino
loro
dirono che la loro pratica era difficile. Noi dobbiamo
ammettere
la profondità e la grandezza della verità
buddhistica. Se il Buddhismo fosse stato facile da praticare, sin
dall'origine, quella gente di grande capacità non avrebbe
dichiarato che il Buddhismo è
difficile da praticare e difficile da capîre. A paragone di
quella gente nella storia, quelli di oggi non valgono un pelo su di una
mandria di nove tori. Pur radunando tutte le nostre magre risorse e le
nostre poche conoscenze, e ci sforziamo alla difficile pratica, mai
potremmo arrivare a ciò ch'era facile da
comprendere e da praticare per questi antichi maestri.
Qual'è
dunque questa cosa che i nostri coevi vorrebbero capire e praticare con
facilità? Non è un insegnamento
secolare, e neanche un insegnamento buddhistico; non vale la pratica
dei demoni del cielo o di quelli del suolo. Non può valere
la
pratica dei non-buddhisti o quella dei buddhisti intellettuali e
sensuali. Non può venir detto altro che di essere la
sbagliatissima ed illusissima pratica della gente ordinaria. E
persinose quelli che la ricercano intendessero uscire dalla
società secolare, le loro vite quotidiane non verrebbero
meno
preso in un infinito ciclo di misera vita e morte.
Per
duro che sia il romperci le ossa e pestarci il midollo, la cosa
più difficile rimane il equilibrare la nostra mente. Per
duro
che sia il mantenere i precetti ed una condotta pura, il più
difficile rimane il equilibrare la nostra condotto corporale. Se
valesse la pena di ridurci le ossa a polvere, quelli, numerosi, che
sopportarono tale austerità sin dai tempi antichi avrebbero
raggiunto gl'insegnamenti del Buddha Gotama, mentre sono rari coloro
che ci sono arrivati.
Se
valesse la pena di essere un uomo di condotta pura, numerosi sarebbero
i puritani avendo raggiunto la verità, sin dai tempi
antichi. La
ragione è che è molto
difficile per chiunque di mantenere il suo mentale nello stato di
equilibrio.
La
percettività non ha importanza. E neanche
l'intendimento
scolastico. La mente, la volontà, la coscienza non sono
primordiali. Le immagini mentali, i pensieri e le riflessioni neanche
lo sono. Senza mai usarle,
c'è stato, nel passato, gente che ha potuto sperimentare lo
stato dell'equilibrio del corpo-e-mente, ed entrare nella
verità
buddhistica. E' quello ch'intendeva dire il Buddha Gotama quando disse
che il Bodhisattva Avalokitesvara
aveva cambiato direzione e perso la coscienza della sua
percezione. Quando è chiaro che due aspetti – il
movimento
e la
calma – non compaiono davvero, allora compare lo stato di
equilibrio.
Se
si potesse entrare nella verità buddhistica
grazie alla percettività e all'erudizione, il gran prete
Jinshu
sarebbe stato un uomo della verità. Se la verità
buddhistica fosse
contraria alla volgarità o alla
bassezza
sociale, come sarebbe potuto il patriarca del Monte Sokei1
ottenere la verità buddhistica? E' ben ovvio che la
transmissione e il ricevimento del Buddhismo si ambienta
aldilà
della percettività e dell'erudizione. Se si cercano
fatti,
si ottengono fatti; e
se si riflette sui fatti, si esperimenta il Buddhismo.
Non
ci preocupiamo dell'essere vecchi e sbiaditi,
né dell'essere giovane e vispo. Maestro Joshu
era nella sessantina quando si mise in questua della verità,
ma diventò un maestro eccellente nel lignaggio di maestro
Bodhidharma. Una figlia della famiglia Tei iniziò il suo
studio
del Buddhismo all'età di tredici anni, e
continuò sino a diventare un membro eccellente di un tempio
buddhista.
La
dignità degli insegnamenti del Buddhismo solo compare se ci
comportiamo da buddhisti, e non possiamo distinguere tale
dignità tranne sperimentandola.
Gli
eruditi veterani degl'insegnamenti teorici del Buddhismo e gli esperti
in insegnamenti secolari possono tutti qualche giorno scoprire zazen.
Ce ne sono stati parecchi esempi: maestro Eshi del Monte Nangaku era un
uomo dai molteplici talenti, ma studiò lo stesso
con
maestro Bodhidharma. Maestro Yoka Gengaku era
un
personnaggio eminente, il che non gl'impedì di studiare il
Buddhismo con maestro Daikan Eno.
Si
può dire che la realizzazione degli insegnamenti buddhistici
e
l'obtenzione della verità poggiano sullo studio con un
maestro.
Quando si visita un maestro buddhista, e si studia con lui, bisogna
ascoltare ciò che dice senza tentare di scontrarlo con le
proprie viste. Se si paragonassero le parole del maestro con le proprie
viste, non si potrebbe giovare dei suoi insegnamenti.
Se
fate visita ad un maestro e se ascoltate i suoi insegnamenti,
purificate il vostro corpo-e-mente, e calmate i vostri occhi ed
orecchie. Udite semplicemente gl'insegnamenti del maestro, e non
mescolategli con altre immagini. Unificando il vostro
corpo-e-mente, siate come una brocca pronta ad essere riempita d'acqua.
Allora sicuramente, potrete ricevere gl'insegnamenti del maestro.
Gli
stolti di oggi memorizzano frasi tratte da libri, o traggono la
conoscenza degli antenati buddhisti, per poi tentare di paragonargli a
ciò che dice il maestro. A quel momento, non hanno altro che
le
loro viste proprie, o le parole degli antenati del passato. Non sono
assolutamente disposti ad ascoltare le parole del maestro.
Ci
sono anche quelli che, dando il primato alle proprie viste, aprono i
sutra buddhisti, ne imparano due o tre parole a memoria, e considerano
di aver ricevuto gl'insegnamenti buddhisti. In seguito, quando hanno
fatto visita a maestri dalla chiara comprensione e a maestri
dell'insegnamento fondamentale, se ciò che sentono somiglia
alle
proprie viste, affermano gl'insegnamenti, ma se non è
conforme
alle loro
proprie vecchie opinioni, gli negano. Senza sapere come respingere
gl'insegnamenti sbagliati, come potrebbero mai risalire sulla via
giusta? Ben si potrebbe che, persino durante illimitati eoni,
restassero nell'illusione. Sarebbe un peccato, non è vero?
Gli
studenti buddhisti devvono sapere che la verità
buddhistica
esiste aldilà del pensiero, della
discriminazione, della supposizione, della riflessione, della
percezione o della comprensione. Passiamo la vita a scherzare in seno a
quelle cose, e dunque, se la verità buddhistica esiste in
esse,
perché mai non l'abbiamo ancora realizzata? Gli studenti
della
verità
non devvono riposarsi sulle facoltà di
pensiero,
di discriminazione, e via dicendo. Nello stesso tempo, siamo tuttavia
attrezzati di pensiero e di altre facoltà, e se le
applichiamo
col nostro corpo, ed esaminiamo la nostra situazione, allora
è
come se le guardassimo in uno specchio.
La
porta d'ingresso al quella situazione buddhista esiste solo
sotto
il controllo di maestri che hanno raggiunto la verità e
hanno
completamente realizzato la porta. Essa è totalmente fuori
dalla
portata di chi insegna solo parole.
Quindici giorni dopo dell'equinozio di primavera (nel calendario
lunare), secondo anno dell'era Tenpuku (1234).
(Commento)
In questo capitolo, maestro
Dôgen dice che per noi, nel corso della nostra vita umana, il
compito più importante è di praticare zazen e
di studiare il Buddhismo. In questo mondo, pero, quanti sono
quelli che hanno idee del genere?
Certi faticano duro per farsi una posizione sociale superiore, e certi
sono diligentissimi quando si tratta di fare soldi. In quel
tipo
di situazione, ci sarà possibile di essere assicurati
dell'esistenza della verità vera? Ci sarà
possibile
credere nell'unica possibilità di
Vérità nelle
nostre società? A dir il vero, potrebbe bene dimostrarsi
impossibile per noi dire che le nostre società umane, divise
come sono tra materialismo e idealismo, possano credere in
esso.
Ma se ci fondiamo sul realismo buddhista, forse avremo l'occasione di
raggiungerne la sola possibilità. Se dunque noi, esseri
umani,
vogliamo crederci e proseguiamo nella nostra questua della
verità, dovremo dapprima frantumare totalmente
le
illusioni dell'idealismo e del materialismo.
Nel punto seguente del suo capitolo, maestro Dôgen
rifiuta con vigore gli atteggiamenti comuni dell'essere umano, che sono
di seguire la via più facile. Certo, il Buddhismo non ha
nulla
di una filosofia ascetica, e di conseguenza, non dobbiamo alcunamente
ricercare sofferenza in tale pratica. Ma, nello stesso
tempo, è necessario di non scegliere un modo
più
facile solo a ragione del criterio di facilità. La
verità
buddhistica è sempre l'unica Verità, che
trascende il
facile e il
difficile. Maestro Dôgen insiste dunque su
dell'incongruità del
discutere della difficoltà o della facilità,
quando ci
mettiamo in questua della verità, poiché tali
atteggiamenti verrebbero completamente opposti alla verità.
Per di più, egli insiste sul fatto che le
considerazioni, les decisioni, le supposizioni,
le
intuizioni, le percezioni e persino la comprensione non hanno nulla a
che vedere con il fatto di afferrare la verità buddhistica.
E, dal punto di vista delle filosofie intellettuali, tale insistenza ci
potrebbe sembrare alcunché ridicola. Ma quando osserviamo
che la
verità buddhistica non ha
rapporto con le nostre capacità intellettuali, ma solo con
il
fatto di sapere se il sistema nervoso autonomo è bilanciato,
o
meno, allora è possibile capire chiaramente la
base fondamentale degl'insegnamenti del Buddha Gotama. E' dunque
necessario per noi riconoscere che il realismo buddhistico è
sempre en corrispondenza con la condizione umana, che il nostro sistema
nervoso autonomo sia bilanciato o meno, proprio al momento presente.
Tale semplice fatto esiste sin da quando l'uomo
è uomo, ma
ci è stato necessario aspettare il secolo XIX° o il
XX°
per poterlo riconoscere. Mi stimo dunque ben felice di vivere nel
secolo XXI°.
Dobbiamo dunque pensare che ci è impossibile realizzare la
verità buddhistica fondandoci solo sulle lettere, o le
parole,
ma ci è necessario praticare zazen
tutti i giorni, se vogliamo mantenere il nostro sistema nervoso
autonomo nello stato d'equilibrio. E, senza quegli sforzi, no potremmo
toccare direttamente la realtà. E' quindi il nostro dovere,
si
potrebbe dire, di farlo. Si può osservare, nella storia
recente,
che l'allenamento sportivo, le prestazioni musicali ou drammatiche, le
sperimentazioni scientifiche, hanno preso proporzioni considerevoli, e
penso che tale tendenza suggerisca che la nostra civiltà
è forse già entrata in un'era del realismo. Mi
pare
dunque che ci voglia distruggere questi vecchi sistemi filosofici,
così potenti, che sono l'idealismo e il materialismo, la cui
ragguardevole Era è arrivata a termine.
1
Dachien Huineng (Daikan Eno), il Sesto
Patriarca.