(Commento)
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(il Coniglio Magno)
Aggiornato al 15 novembre 2006 |
[Ripreso dal blog di Gudo Wafu Nishijima rôshi]
Uno che si coraggiosamente si mette in questua della verità si dovrebbe dapprima assicurare che sia sincero il suo oggettivo. La meta sincera è, ad esempio, ciò ch'ottenne il Buddha Gotama quando, seduto sotto all'albero della Bodhi, visse Venere chiaramente brillante; a quel momento, realizzò di botto la via suprema alla verità. Quella che ottenne sta aldilà della portata dei Sravaka, dei Pratyekabuddha e via dicendo. Il Buddha Gotama ha potuto da sé realizzare la verità. Sin da allora, un buddha ha trasmesso la verità ad un altro buddha e la trasmissione è rimasta ininterrotta, persino oggi. Se uno ha raggiunto la medesima verità, come potrebbe non essere un buddha? "Volgersi verso alla verità" consiste nel riconoscere le limitazioni degli insegnamenti buddhisti e chiarire lo stato del Buddhismo. La verità buddhista esiste sotto ai piedi di ogni essere umano. Quando ci si è presi dalla verità, si può chiaramente realizzare il momento presente. Quando ci si è presi dal risveglio, si può perfettamente realizzarsi in quanto persona semplice. Dunque, pur capendo perfettamente la verità, è ancora possibile lasciarsi zlittare in un risveglio concreto. Andare direttamente alla verità è cosa tanto libera ed elegante quanto questo.
Nei giorni nostri, le persone che si mettono in questua della verità non hanno ancora riconosciuto ciò che può essere capito e ciò che non lo può essere, e perciò le piace mettersi in questua di effetti concreti. Chi è che non fa la medesima errore? E' come il figlio che ha rigettato il padre e fugge la terra natale, gettando gioielli dalla finestra ad ogni penoso passo. Pur figlio unico di un uomo rico, egli è per lungo tempo rimasto un vagabondo in un paese straniero. In verità, è ben naturale che la gente agisca così.
Di solito, gli studenti della verità si vogliono farsi acchiappare dalla verità. Farsi acchiappare dalla verità, è perdere ogni traccia di risveglio. I praticanti della verità buddhista dovrebbero dapprima credere nel Buddhismo. Tale credenza deve essere che esistiamo sin dall'origine in seno alla verità, senza illusione, senza immagini false, senza nulla di più o di meno, e senza errori. Ci sono le specie di credenze che si devvono stabilire, e così dobbiamo chiarire la verità. Poi, a secondo quelle credenze, pratichiamo. Ecco qual'è la base della nostra questua della verità.
Il vero significato di questi criteri è che dobbiamo sederci lontano dalle radici dell'intenzione, e che dobbiamo tenerci lungi dalla via che porta all'intendimento intellettuale. Tal'è il metodo che deve guidare i praticanti, all'inizio. Dopodiché, la seconda tappa è quella di trascendere corpo-e-mente e disfarsi dall'illusione e dal risveglio.
Di solito, la persona più difficile da trovare è quella che crede che già esiste nello stesso Buddhismo. Se una persona sinceramente crede già trovarsi nella Verità, ella capisce naturalmente la grande Verità e può persino conoscere le origini dell'illusione e del risveglio.
Tra quelli che tentano di sedersi lungi dalle radici dell'intenzione, otto o nove su dieci entreranno immediatamente nella verità.
Il risveglio è dunque diverso da un attaccamento alle vecchie precendenti circostanze, ma, nello stesso tempo, è diverso dalla vita nelle circonstanze nuove. Il risveglio è semplicemente agire nel modo più realista ed adeguato al momento presente.
In questo capitolo, maestro Dogen ci insegna che il punto più importante nello studio del Buddhismo, è il sapere se la nostra pratica buddhista va o meno nella buona direzione.
All'origine,
il Buddhismo è una filosofia fondamentalmente ragionevole,
perfettamente sprovista di punto dubbioso alcuno. La scoperta ne fu
fatta dal grande genio che fu il Buddha Gotama, e venne trasmessa da
patriarca a patriarca fino ai nostri giorni. Dobbiamo quindi proseguire
nel Buddhismo quanto verità assoluta, ed è
così
che maestro Dogen descrive dapprima fino a che punto sia importante per
noi sapere se i nostri sforzi vanno o meno nella buona direzione.
E
quando
ci chiediamo dove esistono realmente gl'insegnamenti del Buddha Gotama,
maestro Dogen proclama che esistono realmente sotto ai nostri piedi. E
l'espressione "sotto ai nostri piedi" non significa altro che per
terra, o nel mondo. Non sono per niente una storia onirica o fantastica
prodotta da un cervello umano, ma non sono neanche il semplice mondo
materiale che afferranno i nostri organi sensoriali. Gl'insegnamenti
del Buddha non sono nient'altro che il mondo reale, quello in cui
viviamo adesso, e non sono altro che il palco scenico su di cui stiamo
giocando quella sceneggiatura che chiamiamo la nostra vita. E'
perciò che noi, buddhisti, abbiamo capito questo mondo come
l'unico mondo in cui viviamo, e che il Buddha Gotama ci ha insegnato il
realismo come l'unica verità sulla base della pratica di
zazen.
Eppure, noi esseri umani, a cagione di esser stati ingannati dall'idealismo che esiste solo nei nostri cervelli, o traviati dal materialismo che si fonda sulo sulle nostre percezioni sensoriali, abbiamo dimenticato il mondo reale sul quale ci dovremmo fondare, per aver dimenticato il mondo reale nel quale viviamo. Abbiamo avuto tendenza a passare migliaia di anni senza capire di aver vissuto in mondo curiosi o strani, quelli dell'idealismo e del materialismo, senza osservare per niente la realtà del mondo.
Dobbiamo
dunque praticare zazen, se vogliamo scoprire questo semplice fatto:
viviamo semplicemente in questo mondo, in realtà,
bilanciando il
nostro sistema nervoso autonomo, e risvegliandoci al semplice fatto di
vivere semplicemente nel mondo reale, qui e adesso.
Se si vuole regolare il propio corpo e mente, esistono naturalmente due modi. Uno è fare visita a un maestro e ascoltare i suoi insegnamenti. L'altro è sforzarsi di praticare zazen.
Quando si ascoltano gl'insegnamenti, la coscienza è libera di vagare ovunque.
Quando si pratica zazen, la pratica e l'esperienza vengono sodamente fondate.
Se dunque si tenta di entrare nella Verità buddhista rigettando un modo o l'altro, non potremmo mai venir colpiti in pieno.
Di solito, abbiamo tutti il proprio corpo e mente. Inevitabilmente, siamo a volte forti nella pratica e a volte deboli. A volte siamo coraggiosi e a volte vigliacchi. Ma, usando di questi stati di corpo e mente, che sono a volte moventi e a volte stabili, possiamo fare noi stessi l'esperienza dell'essere un buddha, direttamente. Quello è proprio una battuta diretta.
Altrimenti detto, se ci accontentiamo di seguire l'esperienza del Buddha Gotama, senza cambiare il corpo e mente che abbiamo sin da sempre, possiamo dire che stiamo nel qui ed adesso, e possiamo chiamare quello una battuta diretta. Siccome non è- nient'altro che il seguire il Buddha Gotama, non è quindi il nostro proprio vecchio punto di vista. E' soltanto ricevere una battuta diretta, e non si tratta dunque di uno stato nuovo.
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