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Sito realizzato da Nanabozoh (il Coniglio Magno)

Aggiornato al 10 novembre 2006

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nishijimaGl'insegnamenti di  Gudo Wafu Nishijima rôshi]

Genjokoan

Ovvero l'Universo realizzato

©Windbell Publications

 

[ritornare a Capire lo Shobogenzo]
[ritornare a Struttura dello Shobogenzo]

(3) Genjo Koan

La legge realizzata dell'Universo

Genjo significa "realizzato." E koan è un'abbreviazione di ko-fu no un-toku, che era un tabellone per affiggere una nuova legge e pubblicarla nella Cina antica. Così koan esprime una legge, o un principio universale. Nello Shobogenzo, genjo koan significa la legge realizzata dell'Universo, cioè il Dharma, o lo stesso Universo reale. In questo capitolo, Maestro Dogen ci predica il Dharma realizzato, o lo stesso Universo reale. Il Buddhismo è intrinsecamente una credenza nell'Universo reale. Così, questo capitolo spiega la base fondamentale del Buddhismo. Ecco perché, quando l'edizione in settentacinque capitoli dello Shobogenzo fu compilata, a questo capitolo venne dato il primo posto. Da questo fatto, possiamo riconoscere l'importanza di questo capitolo.

[83] Quando ogni cosa e fenomeno [5] esiste come insegnamenti buddhisti, [6] allora ci sono delusione e realizzazione, pratica ed esperienza, vita e morte, buddha e gente comune. Quando milioni di cose e fenomeni [7] sono tutti separati da noi, non ci sono né delusione né illuminazione, né buddha né gente comune, né vita né morte. Il Buddhismo trascende sin dall'origine abbondanza e scarsità, e così [in realtà] c'è vita e morte, c'è delusione e realizzazione, ci stanno gente e buddha. Benché tutto questo possa essere vero, i fiori appassiscono anche se gli amiamo, e le erbacce crescono anche se le odiamo, e nient'altro.

[84] Spingerci a praticare e sperimentare milioni di cose e fenomeni è delusione. Quando milioni di cose e fenomeni ci praticano e sperimentano attivamente, questo è realizzazione. Coloro che realizzano totalmente la delusione sono buddha. Coloro che sono totalmente delusi a proposito della realizzazione sono gente comune. C'è gente che ottiene una realizzazione ulteriore sulla base della realizzazione. C'è gente che aumenta la sua delusione immersi nella delusione. Quando i buddha sono realmente buddha, non hanno bisogno di riconoscersi in quanto buddha. Nondimeno, sperimentano lo stato di buddha, e vanno avanti sperimentando lo stato di buddha.

[85] Anche se noi impieghiamo tutto il nostro corpo-e-mente per guardare le forme, e anche se noi impieghiamo tutto il nostro corpo-e-mente per udire i suoni, percependoli direttamente, [la nostra umana percezione] mai può essere come il riflesso di un'immagine in uno specchio, o come l'acqua e la luna. Quando asseriamo un lato, stiamo ciechi dall'altro lato.

[86] Imparare il Buddhismo è imparare noi stessi. Imparare noi stessi è dimenticare noi stessi. Dimenticare noi stessi è essere sperimentati da milioni di cose e fenomeni. Essere sperimentati da milioni di cose e fenomeni è lasciar sparire il nostro proprio corpo-e-mente, ed anche il corpo-e-mente del mondo esterno. [Allora] possiamo dimenticare la traccia [mentale] della realizzazione, e continuamente dimostrare i segni [reali] di una realizzazione dimenticata, istante per istante. [8]

[87] Quando una persona ricerca dapprima il Dharma, sta molto remota dai confini del Dharma. Ma non appena il Dharma è autenticamente trasmesso alla persona stessa, essa è un essere umano al suo proprio esatto posto. Quando un uomo sta navigando su una nave e muove i suoi occhi verso la sponda, egli fraintende che la sponda si muova. Ma se mantiene i suoi occhi sulla nave, egli può riconoscere che è la nave a muoversi in avanti. [Lo stesso,] quando noi osserviamo milioni di cose e fenomeni con corpo-e-mente turbato, noi pensiamo erroneamente che la nostra propria mente o il nostro proprio spirito possano essere permanenti. Ma se noi ci familiarizziamo con la nostra condotta reale e ritorniamo a questo posto concreto, diventa chiaro che i milioni di cose e fenomeni sono diversi da noi stessi. La legna diventa cenere; non potrà mai tornare ad essere legna. Nondimeno, non dovremmo aderire alla veduta che la cenere è il suo avvenire e che la legna è il suo passato. Dovremmo riconoscere che la legna occupa il suo posto nell'Universo in quanto legna, ed ha il suo istante passato ed il suo istante futuro. E benché si possa dire che abbia il suo passato ed il suo avvenire, l'istante passato e l'istante futuro sono separati. La cenere esiste al suo posto nell'Universo come cenere, ed ha il suo istante passato ed il suo istante futuro. Proprio come mai potrà ancora la legna essere legna dopo esser diventata cenere gli esseri umani non possono vivere ancora dopo della loro morte. Perciò è una regola nel Buddhismo non dire che la vita torna in morte. Ecco perché noi parliamo di "non comparsa." [9] Ed è insegnamento buddhista come stabilito nella predica del Buddha Gautama che la morte non torni in vita. Ecco perché noi parliamo di "non scomparsa." Ed è insegnamento buddhista come stabilito nella predica del Buddha Gautama che la morte non torni in vita. Ecco perché noi parliamo di "non scomparsa."[5] La vita è una situazione istantanea, e la morte è pure una situazione istantanea. E' lo stesso, ad esempio, con l'inverno e la primavera. Non pensiamo che l'inverno diventi primavera, e non diciamo che la primavera diventi estate.

[89] Una persona che ottiene la realizzazione è come la luna riflessa [10] nell'acqua: la luna non diventa bagnata, e l'acqua non è rotta. Benché la luce [della luna] sia larga e grande, si può riflettere in un piede o un pollice di acqua. L'intera luna e l'intero cielo si possono riflettere in una goccia di rugiada su di un filo d'erba o in una singola goccia di pioggia. La realizzazione non riforma [11] un uomo, proprio come la luna non trafora l'acqua. Un uomo non ostacola la realizzazione,[12] proprio come una goccia di rugiada non ostacola il cielo e la luna. La profondità [della realizzazione] può essere lo stesso dell'altezza concreta [della luna]. [Per capire] la sua durata, dovremmo esaminare i piccoli ed i larghi corpi di acqua, e notare le diverse larghezze del cielo e della luna [quando riflessi nell'acqua]. [13]

[90] Quando il Dharma non ha completamente riempito il nostro corpo-e-mente, ci pare che il Dharma sia abbondantemente presente in noi. Quando il Dharma riempie il nostro corpo-e-mente, ci pare che qualcosa [14] stia mancando. Ad esempio, navigando sull'oceano, aldilà della veduta delle montagne, quando guardiamo attorno nelle quattro direzioni, [l'oceano] sembra di essere soltanto tondo; non sembra di avere qualsiasi altra forma. Nondimeno, il grande oceano non è tondo e non è quadrato, e ci stanno tante altre caratteristiche dell'oceano che non potrebbero mai esser contate. [Per i pesci] è come un palazzo e [per gli dei nel cielo] è come una collana di perle [15]. Ma per quanto lontano possano vedere i nostri occhi umani, sembra essere solo tondo. Lo stesso vale per tutto nel mondo [16]. Il mondo secolare ed il mondo buddhista [17] includono un gran numero di situazioni, ma possiamo vederle e capirle solo tanto lontano quanto i nostri occhi di studio buddhista ce lo permettono. Così se noi vogliamo sapere il modo in cui sono naturalmente le cose, [18] dovremmo ricordarci che gli oceani e le montagne hanno caratteristiche innumerevoli a parte l'apparenza di quadratura o di rotondità, e dovremmo ricordarci che ci stanno [altri] mondi in [tutte le] quattro direzioni. Questo non vale solo per la periferia; dovremmo ricordarci che lo stesso vale per questo posto qui ed adesso, e per una singola goccia di acqua.

[91] Quando i pesci nuotano nell'acqua, benché continuino a nuotare, non c'è fine all'acqua. Quando gli uccelli volano nel cielo, benché continuino a volare, non c'è fine al cielo. Allo stesso tempo, pesci ed uccelli non hanno mai lasciato l'acqua o il cielo. Più [acqua o cielo] impiegano, più utile è; meno [acqua o cielo] gli serve, meno utile è. Agendo così, ognuno realizza i propri limiti ad ogni momento ed ognuno fa le capriole [in completa libertà] dappertutto [19]; ma se un uccello lascia il cielo morirà subito, e se un pesce lascia l'acqua morirà subito. Così possiamo concludere che l'acqua è vita ed il cielo è vita; allo stesso tempo, gli uccelli sono vita, e i pesci sono vita; può essere che la vita sia uccelli e che la vita sia pesci. Ci possono essere altre espressioni andiamo anche più in là. L'esistenza della pratica e dello sperimentare, l'esistenza della loro età stessa e della vita stessa si possono anche [spiegare] così. Eppure, un uccello o un pesce che tenterebbe di capire l'acqua o il cielo completamente, anche prima di nuotare o di volare, non potrebbe mai trovare [20] il proprio cammino o trovare il suo posto nell'acqua o in cielo. Ma quando troviamo questo posto qui ed adesso, ne segue naturalmente che il nostro comportamento reale realizzi l'Universo. E quando troviamo un modo concreto qui ed adesso, ne segue naturalmente che il nostro comportamento reale realizza l'Universo. Questo modo e questo posto esistono come realtà perché non sono grandi né piccoli, perché non sono in relazione con noi stessi né con il mondo esterno, e perché non esistono in partenza e compaiono nel presente. Allo stesso modo, se qualcuno sta praticando e sperimentando il Buddhismo, quando riceve un insegnamento, realizza solo questo insegnamento, e quando incontra una [opportunità ad] agire, compie solo questa azione. Questo è lo stato nel quale il posto esiste e la via è realizzata, ed ecco la ragione per cui non possiamo chiaramente riconoscere dove stanno [il posto e la via] -- perché questo riconoscimento e la perfetta realizzazione del Buddhismo compaiono assieme e vengono sperimentati assieme. Non pensate che quel che avete raggiunto entrerà inevitabilmente nella vostra propria coscienza e verrà riconosciuto dal vostro intelletto. L'esperienza dello stato ultimo è subito realizzata, ma un mistico qualcosa non sempre si manifesta. La realizzazione non è sempre definitiva. [21]

[94] Maestro Ho-tetsu [22] del Monte Mayoku stava impiegando un ventaglio. A quel momento, un monaco entrò e gli chiese, "[Si dice che] la natura dell'aria sia sempre presente, e che non c'è posto che l'aria non possa giungere. Perché allora impiega il Maestro un ventaglio?"

Il Maestro disse, "Conosci solo [l'idea astratta] che la natura dell'aria è sempre presente, ma non hai capito il fatto [23] che non c'è posto dove l'aria non possa giungere."

Il monaco disse, "Cos'è il significato del principio [23] 'Non c'è posto dove l'aria non possa giungere'?"

A questo, il Maestro solo [continuò a] impiegare il ventaglio. Il monaco si prosternò. [24] L'esperienza reale del Buddhismo, il comportamento strepitoso [25] della tradizione buddhista, [26] è così. Uno che dice che poiché [l'aria] è sempre presente, non abbiamo bisogno di impiegare un ventaglio, o che pur quando noi non impieghiamo [un ventaglio] possiamo ancora sentire l'aria, non conosce la semper-presenza, e non conosce la natura dell'aria. Poiché la natura dell'aria è di essere semper-presente, il comportamento dei buddhisti fa sicché la Terra si manifesti come oro, e faccia maturare la Via lattea in delizioso formaggio. [27]

 

Shobogenzo Genjo Koan

Questo capitolo fu scritto attorno a Ferragosto [28] [nel calendario lunare] nel primo anno dell'era di Tenpuku [1233], e fu presentato al discepolo laico Yo Koshu del distritto di Kyushu. Fu pubblicato nel quarto anno dell'era di Kencho [1252].

Il capitolo si divide in nove paragrafi, e l'ottavo paragrafo è più coerente se lo si divide fra due sotto-paragrafi. Questo ci da dieci paragrafi per capitolo, e questi dieci paragrafi si possono ripartire in quattro gruppi come prima.

Mi riferirò ad ognuno paragrafo impiegando il numero tra parentesi quadre che si riferisce a la pagina corrispondente nella mia opera "Lo Shobogenzo in giapponese moderno." Il paragrafo [83] è il primo paragrafo nel quale Maestro Dogen pone i principi fondamentali che governano l'assieme della struttura dello Shobogenzo. Questo primo paragrafo pone il quadro teorico e di per sé appartiene al punto di veduta soggetttivo.

I paragrafi [84], [85], [86] e [87] sono delle descrizioni di situazioni concrete pertinenti per qualcuno che sta perseguendo la verità buddhista. Queste descrizioni appartengono quindi al secondo gruppo; il punto di veduta oggettivo.

Ma all'interno di questo secondo raggruppamento oggettivo, possiamo ancora suddividere. Il paragrafo [84] riporta un'intenzione personale o volizione, ed è quindi soggetttivo per sua natura all'interno del maggiore gruppo oggettivo.

Il paragrafo [85] riporta una percezione sensoriale ed il mondo esterno, ed è quindi nella seconda fase o sotto-gruppo oggettivo.

Il paragrafo [86] riporta una pratica personale concreta ed appartiene alla terza fase.

Il paragrafo [87] riporta una realtà concreta perché spiega la relazione mutua tra soggetto e oggetto, e l'idea buddhista fondamentale di tempo istantaneo nel presente.

Così all'interno del secondo gruppo contenendo i paragrafi [84], [85], [86], e [87] troviamo la struttura (S), (O), (A), (R), benché i quattro paragrafi appartengano al gruppo (O).

I paragrafi [89], [90], la prima parte di [91], ed la seconda parte di [91], sono delle descrizioni di sforzi buddhisti fattuali, di fatti buddhisti o di atteggiamento buddhista.

Il paragrafo [89] è una spiegazione dell'ottenere l'illuminazione, e l'illuminazione è l'aspetto mentale del realizzare la verità. Così questo paragrafo appartiene a la prima fase della pratica buddhista: il paragrafo [89] è un paragrafo (S) nel gruppo (A).

Il paragrafo [90] descrive le situazioni concrete di una persona che ha ottenuto l'illuminazione: appartiene dunque alla fase oggettiva, ed il paragrafo [90] è un paragrafo (O) nel gruppo (A).

Mi pare sia coerente dividere il paragrafo [91] in due paragrafi, perché a partire dall'inizio del paragrafo sino alla frase delle nona e decima linea: "può essere che la vita sia uccelli e che la vita sia pesci," Maestro Dogen rappresenta l'idea dell'unità fra l'agente e l'azione. Ma a partire dalla frase "ci potrebbe essere un'altra espressione che va ancora più in là," la fine del paragrafo rinvia alla materia concreta, cioè pratica, esperienza, età. Così sembra naturale che il paragrafo venga diviso in due.

Il paragrafo ([94] è l'ultimo paragrafo nel capitolo, ed appartiene al gruppo (R). Maestro Dogen cita una storia buddhista cinese a proposito di Maestro Mayoku Ho-tetsu ed il suo discepolo. Fondamentalmente, la verità buddhista, cioè la realtà, non può esser descritta con parole. Quando Maestro Dogen vuole parlare della realtà, a volte cita una storia buddhista ovvero Koan. Questo paragrafo è un buon esempio del suo impiegare la storia cinese per simbolizzare la realtà.

Ora possiamo fare il sommario della struttura generale del capitolo:

1. [83] -- Espressione del principio. Para (S) includendo (S), (O), (A), e (R).
2. [84] -- Aspetto teorico di fatti buddhisti oggettivi. Para (S) nel gruppo (O).
3. [85] -- Aspetto percettivo di fatti buddhisti oggettivi. Para (O) nel gruppo (O).
4. [86] -- Fatti buddhisti fattuali e concreti. Para (A) nel gruppo (O).
5. [87] -- Realizzazione del Dharma nei fatti buddhisti concreti. Para (R) nel gruppo (O).
6. [89] -- Descrizione soggettiva di sforzi buddhisti fattuali. Para (S) nel gruppo (A).
7. [90] -- Descrizione oggettiva di sforzi buddhisti fattuali. Para (O) nel gruppo (A).
8. [91]i -- Descrizione dell'azione con paragone. Para (A) nel gruppo (A).
9. [91]ii -- Descrizione dell'azione in ultimo. Para (R) nel gruppo (A).
10.[94] -- Espressione simbolica del Dharma ovvero della realtà tramite l'uso dei Koan. Para (R) nel gruppo (R).

La struttura SOAR

Ho sottolineato il modo in cui lo Shobogenzo segue quest'eccezionale struttura SOAR, fondata sul principio di Tre Filosofie ed una Realtà. La struttura SOAR ci guida dal (S)oggettivo all'(O)ggettivo, ed ancora all'(A)zione ed alla (R)ealtà.

Struttura SOAR al livello dei paragrafi

All'interno di ciascun paragrafo del Genjo Koan possiamo ancora tracciare la struttura SOAR. Ho analizzato la struttura del primo paragrafo un po' prima in questo articolo. La prima frase del secondo paragrafo descrive il sorgere dell'illusione a partire dall'intenzione soggettiva. Dice "Spingerci a praticare e sperimentare milioni di cose e fenomeni è illusione." Questa è un'espressione soggettiva della differenza trarealizzazione ed illusione e questa frase appartiene quindi alla fase soggettiva.

Poi la frase seguente dice " Quando milioni di cose e fenomeni ci praticano e sperimentano attivamente, questo è realizzazione." Questa frase descrive le circostanze oggettive che influiscono su di una persona che agisce, ed appartiene quindi alla fase oggettiva.

A partire dalla terza frase il paragrafo dice "Coloro i quali realizzano totalmente l'illusione sono buddha. Coloro i quali sono totalmente delusi a proposito della realizzazione sono gente comune. C'è gente che giunge ad una realizzazione ulteriore sulla base della realizzazione. C'è gente che aumenta la sua illusione nel mezzo dell'illusione." Queste frasi descrivono le situazioni effettive della gente che giunge alla realizzazione e che viene delusa dalla realizzazione. Così queste frasi appartengono alla fase dell'azione.

Le frasi seguenti dicono "Quando i buddha sono realmente buddha, non hanno bisogno di riconoscersi come buddha. Nondimeno, sperimentano lo stato di buddha, e vanno avanti sperimentando lo stato di buddha." Queste due frasi esprimono lo stato di buddha realizzato, e così appartengono all'ultima fase.

Perciò, nel secondo paragrafo [84], la prima frase appartiene a (S), la seconda frase a (O), le quattro frasi seguenti a (A), e l'ultime due frasi a (R ).

Un altro esempio compare nel paragrafo seguente [85]. Questo paragrafo si riferisce alla percezione diretta, e quindi l'intero paragrafo appartiene ad (O). Ma allo stesso tempo la prima frase, "impiegare la nostra mente per guardare alle forme ed impiegare la nostra mente per udire i suoni" si riferisce al soggetto, e di conseguenza, questa parte della frase appartiene dunque a (S ).

Inoltre, "impiegare il nostro corpo per guardare le forme e impiegare il nostro corpo per udire i suoni" sta in relazione con la percezione del mondo esterno o degli oggetti attraverso i sensi, e allora questa parte della frase appartiene dunque a (O ).

L'ultima parte della frase, "[la nostra umana percezione] non potrà mai essere come il riflesso di un'immagine in uno specchio, o come l'acqua e la luna" descrive le situazioni effettive dell'umana percezione sensoriale ad appartiene quindi ad (A).

E poi, la frase seguente è "Quando asseriamo un lato, noi stiamo ciechi dall'altro lato." Questa frase esprime la realtà della nostra abilità a percepire con i sensi ed appartiene quindi a (R).

Allo stesso modo possiamo rintracciare la struttura SOAR a livello dei paragrafi attraverso quasi tutti i paragrafi nello Shobogenzo.

 

Struttura SOAR al livello delle frasi

A l'inizio del Genjo Koan possiamo scoprire la frase seguente: "Quando ogni cosa e fenomeno esiste come insegnamenti buddhisti, allora ci stanno illusione e realizzazione, pratica ed esperienza, vita e morte, buddha e gente comune." La frase comprende quattro paia di parole: illusione e realizzazione, pratica ed esperienza(non era teoria e pratica?), vita e morte, e buddha e gente comune. Il primo paio di parole, illusione e realizzazione, è una distinzione di stato d'animo ed è del tipo (S). Il secondo paio, pratica ed esperienza, è concreto e fattuale ed è quindi del tipo (O). Vita e morte sono direttamente in relazione con l'esistenza e sono dunque del tipo (A), e buddha e gente comune sono distinzioni che facciamo nella vita reale e sono del tipo (R). Così persino all'interno di una singola frase possiamo veder operare la struttura SOAR. Questa è una chiara indicazione che Maestro Dogen adoperava questa struttura in quattro fasi in tutti i suoi scritti filosofici.

Struttura SOAR al livello delle parole composte

Siccome tutti i pensieri di Maestro Dogen erano a a quattro fasi, possiamo scoprire la struttura SOAR persino a livello delle parole composte. Ad esempio, ci stanno quattro composti specifici che vengono frequentemente adoperati in tutto lo Shobogenzo. Sono chonei, ganzei, kento e biku. Il composto chonei significa una testa. Viene spesso adoperato come simbolo del pensiero intellettuale. Ganzei significa globi oculari ed viene spesso adoperato a indicare il punto di veduta oggettivo o materiale. Kento significa un pugno ed viene spesso adoperato come simbolo dell'azione. E biku significa narici, adoperate come simbolo della vita stessa, a partire dall'antico simbolismo indiano dell'aria che respiriamo, e che è la base della vita.

Così questi quattro composti recano la struttura SOAR. Chonei o intelletto è (S), ganzei o percezione sensoriale è (O), kento o azione è (A) e biku o vita stessa è (R). Senza capire il simbolismo che recano questi quattro importanti composti nello Shobogenzo, è extremamente difficile sondarne il significato reale.

Un altro esempio è dimostrato dai quattro composti hoshin, shugyo, bodai, e nehan. Hoshin sta per hotsu bodaishin, insediamento della volontà per la verità. Shugyo significa sforzi concreti nel proseguire il Buddhismo. Bodai significa arrivare alla verità, e nehan è lo stato sereno e pacifico stesso.

Hosshin è volonta e quindi (S), shugyo è sforzo concreto e quindi (O), bodai è azione (A) e nehan è verità (R). Solo riconoscendo la struttura SOAR possiamo significativamente interpretare questi gruppi di composti nello Shobogenzo.

Struttura SOAR al livello carattere-parola

Se postuliamo che la struttura SOAR corre attraverso l'assieme dei pensieri e scritti di Maestro Dogen, allora dovremmo poterla rintracciare persino al livello carattere-parola. E lo possiamo difatti!

Il concetto buddhista centrale di dharma viene tradotto in Giapponese come ho. Quando cominciai ad afferrare l'organizazione generale del pensiero nello Shobogenzo, osservai che ho veniva utilizzato in parecchi modi diversi a secondo il contesto. Si può facilmente classificare questi parecchi modi in quattro gruppi.

Il primo significato di ho è 'insegnamenti del Buddha Gautama'. Il Buddha Gautama ci insegnò la verità filosofica ultima che chiamiamo dharma. Così ho si può tradurre qui come insegnamento, filosofia, teoria, principio. La prima frase del Genjo Koan contiene il composto buppo, combinazione di butsu e ho. Qui butsu significa buddha ed in questo contesto ho significa insegnamenti, cosicché buppo significhi 'insegnamenti buddhisti', cioè gruppo (S).

Ma nella stessa frase possiamo scoprire il composto shoho, combinazione di sho e ho, che si traduce con 'ogni cosa e fenomeno'. Qui sho significa 'molteplice' e ho significa 'mondo esterno', 'sostanza materiale', 'ambiente'. Così ho prende anche questa interpretazione concreta (O).

Nel paragrafo [91] del Genjo Koan possiamo scoprire questa frase: "Ma quando troviamo questo posto qui ed adesso, ne segue naturalmente che il nostro comportamento reale realizza l'Universo." Il Giapponese tradotto come "qui ed adesso" è ippo, combinazione di ichi, uno e ho, dharma. In questo contesto, ho suggerisce la nostra condotta al momento presente (A).

E nell'ultimo paragrafo [94] le parole "L'esperienza reale del Buddhismo" sono buppo in Giapponese. In questo contesto lo ho di buppo suggerisce dharma o la realtà ineffabile in ultimo (R).

Così persino a livello carattere-parola, si può osservare che il raggruppamento SOAR sia una parte integrale della struttura dello Shobogenzo.

La struttura SOAR e la sua pertinenza nella storia del pensiero mondiale

Per concludere, inserirò fermamente la struttura SOAR nella corrente del pensiero mondiale.

Una delle differenze più importanti tra gli esseri umani e le scimmie la si trova nella differenza di peso dei rispettivi cervelli. Questo fatto ci consente di credere che gli esseri umani siano ben più intelligenti delle scimmie. Infatti, nessuno potrebbe seriamente negare che l'intelletto sia proprio la caratteristica centrale che mette gli esseri umani da parte rispetto alle altre specie.

La civiltà greco-romana rappresenta forse uno dei punti maggiori nello sviluppo del nostro mondo, ed è qui che possiamo dapprima vedere la divisione del pensiero in due correnti distinte. Possiamo vedere perché succedette questo nella natura propria del pensiero stesso: noi guardiamoci dentro e diventiamo soggettivi, o fuori e diventiamo oggettivi. Non abbiamo altra scelta al livello intellettuale.

Platone chiaramente era un introverso: un idealista, che basava la sua filosofia attorno alla verità delle idee. Ma quella medesima civiltà produsse Democrito, che insisteva che il mondo è un accumulazione di molecole. Questi era un materialista. Questi due punti di veduta filosofici stanno sempre in conflitto; le credenze dell'uno contraddicono quelle dell'altro. Gl'idealisti credono nella libertà umana; i materialisti sono deterministi. I due concetti si escludono mutualmente.

Alla fine dell'Impero romano, la filosofia platonica, fondamentalmente idealista, s'incontrò con la crescente religione del Cristianesimo. La filosofia platonica, il potere delle idee e la supremazia dello spirito diedero al Cristianesimo una forte base filosofica per spiegare le sue credenze, e fu quello a consentire al Cristianesimo di estendersi e crescere in potenza come si muoveva attraverso l'Europa.

In Europa, il Medioevo fu diretto dalle credenze; mente, spirito e fede venivano venerati mentre il corpo fisico, la materia ed il mondo secolare venivano rigettati. Vista così, l'Europa medioevale era un'età dell'idealismo (S).

Durante il Rinascimento, la gente riscoprì la sua fisicalità e le sue percezioni sensoriali. La credenza poco a poco si ricentrò su ciò che si poteva percepire con i sensi, e il dubbio sorse in quelle aree che non c'entravano. Questo segnò l'inizio dell'età della scienza. A un certo momento nel periodo che va dal Cinquecento al Settecento, cioè, all'inizio della rivoluzione scientifica, ebbe luogo un irreversibile movimento verso della scienza e lungi dalla religione. Susseguentemente, al diventare più forte la scienza, si mise a diminuire la forza delle religioni idealiste sino a giungere un culmine attorno a circa la metà dell'Ottocento. La filosofia materialista di Marx segnò, forse, il culmine de pensiero materialista, inducendo Nietzsche a proclamare la 'Morte d'Iddio'. Il periodo a partire dal Rinascimento sino alla fine dell'Ottocento, segnò dunque una fase fortemente materialista (O) nello sviluppo della nostra civiltà.

Quando diventò ovvio che la veduta scientifica del mondo non lasciava posto alcuno per dei, religione, spirito, questo di per sé diede luogo ad un crescente sentimento di disagio, di ansietà. E tale ansietà fu la forza motrice nella ricerca di una nuova filosofia che potesse trascendere il materialismo. Esistenzialismo, pragmatismo, fenomenologia sono tutte filosofie della vita il cui scopo è ricoprire il valore della condotta umana, dell'etica e della nozione dell'essere. In questo senso hanno a che vedere con le nostre azioni (A) in questo mondo.

Da questo piuttosto audace e largo schizzo del flusso della civiltà occidentale, possiamo vedere le origini dell' idealismo (S) nella Grecia antica, la riscoperta della materia ed del mondo esterno (O) nel Rinascimento, il culmine della veduta materialista nel mezzo dell'Ottocento, e la mossa a ricercare una qualche filosofia che trascendesse ambedue (A) nei tempi moderni. Ma se ci limitassimo all'area dell'intelletto nella nostra ricerca, cioè, l'area dove noi analizziamo e comprendiamo il mondo soltanto razionalmente, l'area dove la mente regna suprema, è impossibile scoprire una nuova filosofia che ci consentesse di ricuperare un valore umano nel bel mezzo delle nostre società materialiste.

Per guidare la nostra civiltà in una età nuova, una età dove la nostra condotta reale ha valore, così come i nostri pensieri a proposito della nostra condotta, allora abbiamo da realizzare il significato e le limitazioni dell'intelligenza umana. Ecco perché la nostra condotta fattuale in questa terra non è un attività intellettuale. Nell'area dell'attività intellettuale, possiamo scoprire due approcci o filosofie fondamentali; la filosofia del soggetto, e la filosofia dell'oggetto. Ma la nostra condotta, le nostre azioni, non appartengono alla stessa area della filosofia. Questo è un fatto semplicissimo ma importantissimo da realizzare. Il corpo di conoscenza che descrive questo fatto è pur esso solo una filosofia -- io l'ho chiamata la filosofia dell'azione.

Adoperando la struttura SOAR che ho sottolineata qui, possiamo mettere la filosofia idealista e la filosofia materialista ai loro propri posti. E possiamo muoverci in avanti a vedere che la filosofia dell'azione, benché corpo di conoscenza, non è limitata a discussioni nell'area intellettuale -- segna una via per entrare nell'area dell'azione stessa. Questa via è l'antichissima pratica di Zazen. Nello stato in Zazen stiamo seduti nella realtà e possiamo realizzare chiaramente quel fatto. E l'esperienza dello stare nella realtà piuttosto che dello vivere nel mondo dell'intelletto abbisogna della sua propria filosofia. Così la struttura SOAR diventa un ponte tra filosofia tradizionale e realtà -- un ponte dal mondo materialista della società moderna ad una età nuova di civiltà umana fondata sulla condotta o l'azione stessa. Ecco il valore dello Shobogenzo e questo è il messaggio di Maestro Dogen.

Io spero sinceramente che i numerosi studiosi della religione attraverso il mondo verranno tratti verso il messaggio trasmesso dallo Shobogenzo. Spero che la struttura SOAR quivi sottolineata aiuterà le opere di Maestro Dogen a trovare il loro posto giusto nella storia del pensiero del mondo.


Note

1. Questa e tutte le citazioni susseguenti tratte dallo Shobogenzo in questo articolo provengono dalla traduzione di G.W. Nishijima e Mike Cross. [ritorno]

2. Fu è una parola di negazione, raku significa una caduta, in significa causa e ka significa effetto. Così la traduzione letterale è "non cade [in] causa ed effetto." [ritorno]

3. Fu è una parola di negazione, mai significa oscuro o ignorante, e inga significa causa ed effetto. Così la traduzione letterale è "non [essere] oscuro [a proposito di] causa ed effetto." [ritorno]

4. Ho trattato questo problema in dettaglio nel mio articolo "A Buddhist Monk's View of the Theological Encounter III" proposto per pubblicazione nel Journal of Buddhist-Christian Studies. [ritorno]

5. "Ogni cosa e fenomeno" è all'origine sho-ho (tutti i dharma). La parola sanscrita dharma ha molti significati, ad esempio, legge, insegnamenti, sostanza, entità, cosa, pratica, ecc. [ritorno] [ritorno]

6. "Insegnamenti buddhisti" è all'origine buppo (dharma buddhista). [ritorno]

7. "Milioni di cose e fenomeni" è all'origine banpo (decine di migliai di dharma). [ritorno]

8. "Traccia" e "segni" sono tutti all'origine la stessa parola -- seki. "Continuamente, istante per istante" è all'origine cho-cho (lungo-lungo). [ritorno]

9 "Senza comparsa" è fu-sho. Fu esprime la negazione. Sho significa "comparire" o "comparsa," ed anche "vivere" o "vita." A secondo la teoria buddhista dell'istantaneità, l'Universo compare e scompare ad ogni momento. Cioè, l'Universo esiste momentaneamente. E poiché esiste momentaneamente, non è possibile dire che compare o scompare da un attimo all'altro. Così "senza comparsa" esprime l'istantaneità dell'Universo, e "senza scomparsa" pur esso esprime l'istantaneità dell'Universo. [ritorno]

10. In tutto questo paragrafo, "essere riflesso in" è all'origine yadoru, dimorare. [ritorno]

11. Lett. "non rompe." In altre parole, la realizzazione non cambia l'uomo di per sé. [ritorno]

12. In altre parole, un uomo non cambia lo stato di realizzazione. [ritorno]

13. Lett. "Quanto a la lunghezza e piccolezza del tempo, dovremmo esaminare le grandi acque e le piccole acque, e dovremmo discernere la larghezza e la strettezza del cielo e della luna." [ritorno]

14. Lett. "un lato." [ritorno]

15. "Collana di perle" è all'origine yo-raku, dal sanscrito muktahara. Questa frase è un riferimento a un idea citata nel commento chiamato Sho Dai Jo Ron Shaku Ryaku Jo. L'idea è che diversi soggetti vedono lo stesso oceano in diversi modi. Per i pesci è un palazzo, per gli dei è come una collana di perle, per gli esseri umani è acqua, e per i demoni è sangue o pus. [ritorno]

16. Banpo. Vedi nota 7. [ritorno]

17. Lett. "Polvere interna" (il mondo secolare) e "aldilà del quadro" (il mondo buddhista trascendente). [ritorno]

18. Banpo no kafu. Lett. "lo stile usuale delle decine di migliai di cose e fenomeni." Ka significa casa, vita quotidiana o usuale. Fu significa vento, atmosfera, o stile. [ritorno]

19. La frase originale sta nello stile di doppia negazione: "Non è il caso di non realizzare le limitazioni ad ogni testa, e non è il caso di non fare capriole dappertutto." [ritorno]

20. Lett. "ottenere" o "giungere a." [ritorno]

21. "Non sempre definitiva" è all'origine due caratteri, ka e hitsu. Questi caratteri erano adoperati in Cinese per esprimere le domande "Come sarebbe necessario di...?" o "Come si potrebbe decidere che...?" [ritorno]

22. Successore di Maestro Baso Do-itsu. [ritorno]

23. "Fatto" e "principio" sono ambedue all'origine la medesima parola dori. [ritorno]

24. Shinji Shobogenzo pt.2, no.23. A secondo la storia nel Shinji Shobogenzo, dopo della prosternazione del monaco, il Maestro dice, "Inutile maesro di monaci! Se avesti mille studenti, quale guadagno ci sarebbe?" [ritorno]

25 . "Comportamento" è all'origine "l'aria" (fu). Fu significa "vento," "aria" o "atmosfera," e quindi "stile", "costumi," "modi" o "comportamento." Viene molto frequentemente adoperata nello Shobogenzo con questo ultimo significato, ad esempio, para.[90] di questo capitolo nella frase banpo no ka-fu, "il modo in cui le cose naturalmente sono." [ritorno]

26. Lett. "la vigorosa strada autenticamente trasmessa." [ritorno]

27 . Maestro Goso Ho-en disse nella sua predica formale, "Per cambiare la Terra in oro, e sbattere la Via lattea in formaggio." Formaggio è so-raku, che era un prodotto latteo come yogurt o formaggio. La metafora funziona ancora meglio nelle lingue europee quanto nella forma di origine, poiché la galassia che noi chiamiamo "la Via lattea", in cinese la si chiama "il Lungo Fiume". [ritorno]

28 Lett. "circa alla metà dell'autunno." Nel calendario lunare, l'autunno è luglio, agosto, e settembre. Il 15 di agosto starebbe sempre a luna piena. Siccome il cielo d'autunnoè usualmente chiarissimo, si diceva questo fosse il miglior giorno per vedere la luna. A Maestro Dogen piaceva guardare la luna, e dunque il 15 di agosto era un giorno preferito per lui. [ritorno]

 

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