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© Nanabozho (Gichi Wabush)
Aggiornamento di questa versione italiana : 10 novembre 2006

 

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Cosa serve?

 

L'altro giorno, mi ha scritto quarcheduno per chiermi: "Come esercitarsi senza tregua fino al successo, poiché l'esercitarsi è il successo! Perché sedersi giorno dopo giorno, senza mai preocuparsi dell'apparente scacco (ed a volte quotidiano), poiché sedersi giorno dopo giorno si basta a se stesso!" questo riferendosi all'ultimo paragrafo della mia ultima missiva (maggio 2003).

Ammetto di essere rimasto un pò come stupito, sul momento. Come se mi fossi lasciato andare a dire una grossa cazzata, grande come un tempio Zen sui bordi della Lòira, senza accorgermene. Dapprima, la mia naturale malafede mi ha spinta ad attribuire male intenzioni al mio corrispondente. Ma colla sua susseguente risposta, non poteva sussistere dubbio alcuno. Ho quindi dovuto chinarmi sul problema, malgrado la mia naturale rigidità fisica. E, mizzica, come fa male alla schiena!

Infatti, il mio proposito, in tutto quell'articolo, era di trarre l'attenzione sulla necessità dell'etica nel comportamento, etica purtroppo troppo spesso assente in parecchi insegnanti sedicenti buddhisti (e non esclusivamente nelle scuole "Zen." Ed è ovvio che quell'intervento fa sviare il proposito in un altro campo.

Qualche tempo fà, in uno dei suoi articoli, un mio corrispondente in Giappone rammentava di questa frase di Kodo Sawaki, "Non è per caccare che si mangia." Mi dispiace, so che ci stanno le anime sensibili sulla rete, che une terra-terra così puzzolente disturba un pò. Ma mi pare che ci stiamo lo stesso. Occore che mangiare fa sicché, a fine percorso, si dovrà defecare. Ed è anche ovvio che si mangia per alimentarsi, ma ch'è impossibile evitare quell'aspetto ripugnante assai ma però inerente alla nostra natura. Lo stesso, benché l'esercitarsi sia effettivamente il successo, occorre lo stesso esercitarsi. Chiunque a fatto (volontariamente o meno) un digiuno sa che il realimentarsi dopo quel digiuno richierde uno sforzo, richiede che si vada piano, che si eserciti a masticare, ad ingerire di nuovo. Dieci anni fà, dopo di un incidente stradale, mi sono trovato colle mascelle cucite con filo di acciaio inossidabile, che veniva ristretto ogni settimana, per un mese. Quando venni finalmente liberato, fui felicissimo del poter aprire le mascelle, ma non mi fu possibile. I miei muscoli massilari avevano dimenticato come fare. Gli si è voluto riesercitargli. Nona facevo neanche più a far passare un cucchiaio tra le labbre.

Lo stesso, qualche anni fà, impaurito dal numero di ginocchi rotti che avevo incontrati attraverso i vari incontri di meditazione e i fori internautici, ho deciso di mettermi a praticare esercizi di yoga destinati ad ammorbidire le anche, affin di sollevare le mie ginocchia durante i periodi di Zazen. Diffatti, così che lo spiegava un'insegnante di yoga in un articolo che ho tradotto ed illustrato, non sono le ginocchia che devono piegare, ma l'articolazione del femore e del bacino. Sono, sin dalla giovinezza, persona piuttosto rigida, fisicamente, e la mancanza di esercizio non ha per niente migliorato le cose. Mi sono quindi messo ad allenarmi, e ciò, precisamente senza "preocuparmi dell'apparente scacco (ed a volte quotidiano)," il che mi ha permesso di migliorare considerevolmente la mia postura, ed anche l'aggio a reggerla.

Vi è dunque un paradosso, qui. Devo dar retta al mio interlocutore, e constatare che ho anch'io ragione. Esercitarsi è il successo, certo, ma bisogna esercitarsi a farlo lo stesso sino al poter capire perché lo è. Sedersi giorno dopo giorno basta a se stesso, ma perciò, occorre farlo senza preocuparsi dell'apparente scacco.

Mxl


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