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Aggiornato al 2 maggio 2007

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nishijimaGl'insegnamenti di  Gudo Wafu Nishijima rôshi



Teoria delle quattro vedute
ovvero tre filosofie ed una realtà

Una collana di conferenze di maestro Gudô Nishijima

©Windbell Publications

La teoria delle Quattro Vedute

[Questo saggio fu scritto all'origine per preparare una serie di conferenze date dal Rev. G. Nishijima in San Francisco all'autunno di 1986]

La teoria centrale del Buddhismo.

La teoria buddhista è un vasto sistema filosofico. E' quindi per questa ragione impossibile sorvolare l'assieme delle numerose teorie in una sola conferenza. Eppure, vorrei cominciare per spiegare la più importante di quelle teorie, una teoria che sta al cuore di ogni pensiero buddhista. Si tratta della teoria delle Quattro Vedute; la mia interpretazione delle parole sanscrite catvary aryasatyani. Si traduce solitamente questa espressione per 'Quattro Nobili Verità'.

Le Quattro Nobili Verità

I testi buddhisti ci dicono che dopo che il Buddha Gautama ebbe raggiunto la verità, egli volle insegnare ad altri ciò che aveva appreso. Ma egli ebbe pure dubbi sul sapere se la gente potesse capire questa teoria a cagione della sua complessità. La tradizione ci riporta che un dio celeste l'incoraggiò vivamente à tenere il suo primo sermone, ed è così che cominciò. Il suo primo sermone fu predicato ai suoi cinque già compagni di ascetismo. Si riporta che in occasione di codesto sermone, egli predicò le Quattro Nobili Verità, o, nella mia versione, la teoria delle Quattro Vedute, oltreché la Via di Mezzo. Per questa ragione noi pensiamo che questi due insegnamenti siano le teorie centrali del Buddhismo. Capire queste teorie è capire il nocciolo del sistema filosofico buddhista. Purtroppo, la gente che studia il Buddhismo ai giorni nostri non ha tale fortuna, particolarmente nei paesi occidentali.

 

L'interpretazione tradizionale

Tradizionalmente, catvary aryasatyani, o le Quattro Nobili Verità, sono:

Duhkha-satya - La Verità della Sofferenza

Samudaya-satya - La Verità degli Aggregati (L'Origine della Sofferenza)

Nirodha-satya - La Verità della Chiusura ovvero dell'Assoggettimento (La Distruzione della Sofferenza)

Marga-satya - La Verità della Via Giusta

All'adolescenza, io leggevo delle cose sulle Quattro Nobili Verità nei libri buddhisti, ma non potevo capire di che parlava tutto ciò. Per cui quelle quattro verità, di cui si diceva fossero il cuore del Buddhismo stesso, erano diventate un ostacolo, un inciampo nei miei sforzi per studiare il Buddhismo. Se si guardano gli scritti antichi, ad esempio, il Canone Pâli della scuola Theravada, vi si possono trovare spiegazioni tradizionali del significato di quelle Quattro Nobili Verità. Vi si spiega che la Verità della Sofferenza significa che ogni cosa ed evento in questo mondo sono sofferenza; che la Verità degli Aggregati significa che ogni sofferenza deriva dal desiderio umano; che la Verità della Chiusura o dell'Assoggettamento significa che noi dobbiamo distruggere i nostri desideri; e che la Verità della Via Giusta significa che, una volta distrutti i nostri desideri, noi possiamo trovare la via giusta.

Ma io non trovo senso reale alcuno in tali spiegazioni, per quanti sforzi io faccia. Se ogni cosa ed evento in questo mondo sono sofferenza, allora il Buddhismo è al meglio una religione dogmatica e pessimista. Se ogni sofferenza risulta dal desiderio dell'essere umano, allora il Buddhismo non può essere niente meglio che una forma di ascetismo. Se l'idea di distruggere tutti i nostri desideri fosse un'idea buddhista, allora il Buddhismo sarebbe una religione che proporrebbe l'impossibile; poiché ci è assolutamente impossibile poter distruggere i nostri desideri. Lo stesso desiderio è la base della nostra esistenza umana.

La Verità della Via Giusta viene anche spiegata come Ottuplice Nobile Sentiero : veduta giusta, pensiero giusto, discorso giusto, comportamento giusto, vita giusta, sforzo giusto, stato fisico giusto e stato mentale giusto. Ma non riesco a trovare una relazione tra questa quarta verità e le altre tre.

Lo Shôbôgenzô e le Quattro Vedute

A diciotto anni, encontrai un libro intitolato Shôbôgenzô. Esso era stato scritto nel secolo tredicesimo dal fondatore della scuola di Buddhismo in Giappone che si basa sulla pratica di Zazen. Il suo nome era maestro Dôgen. Trovai lo Shôbôgenzô quasi impossibile da leggere a quell'epoca, ed ero stupefatto dal trovarmi incapace di capire un libro scritto in giapponese. Ma, pur non riuscendo a capirlo, intuivo che quel libro potesse contenere cose importanti e preziose. Questo fu l'inizio di quel che doveva diventare quarant'anni di studio. E quando potei infine capire il significato dello Shôbôgenzo, capii anche chiaramente perché lo avessi per così tanto tempo trovato così difficile. Il libro stesso è composto di numerose affermazioni contraddittorie, e questo lo faceva semblare illogico. Ma dopo averlo letto e riletto a più riprese, ho trovato che lo Shôbôgenzô è infatti costruito in maniera particolarissima : adopera un sistema di espressione specifico.

Maestro Dôgen esprime le sue idee nello Shôbôgenzo basandosi su di uno schema a quattro fasi. Dapprima, egli spiega il problema da un punto di vista idealista; cioè un'idea che adopera dei concetti astratti. Poi, immediatamente dopo questa prima fase, egli spiega il medesimo problema, ma questa volta a partire da un punto di vista oggettivo, o materiale. In altre parole, egli dà degli esempi concreti e dei fatti. Poi, nella fase seguente, egli spiega il problema una terza volta ancora in quanto problema reale; cioè, pensando in modo realista. Naturalmente, egli non può spiegare la realtà circostante al problema con delle parole in un libro, ma vi succede giustapponendo il punto di vista soggettivo da lui presentato prima, poi il secondo punto di vista, quello oggettivo. Egli sintetizza i due punti di vista in una valutazione realista del problema; una sintesi del sé e del mondo esteriore. E nella fase finale, egli tenta di suggerire la sottile ed ineffabile natura della realtà stessa adoperando delle forme di discorso simboliche, poetiche o figurative.

Lo Shôbôgenzô è strapieno di quelle spiegazioni in quattro fasi. I medesimi capitoli cadono in  quattro categorie: teorica, oggettiva, realista, e simbolica, figurativa o poetica. Il contenuto dei capitoli è ugualmente diviso allo stesso modo, e persino il contenuto dei paragrafi individuali segue il medesimo schema. In linea di massima, una spiegazione teorica o soggettiva e una spiegazione materialista o oggettiva del medesimo problema saranno sempre contraddittorie. Ugualmente, una spiegazione realista sembrerà venir in contraddizione con i due punti di vista, soggettivo e oggettivo. E la situazione reale stessa è a suo turno diversa dalla spiegazione realista che ne viene data. Dimodoché quando noi leggiamo lo Shôbôgenzô, siamo siderati da ciò che sembrarebbero contraddizioni logiche grossolane. Ecco una delle ragioni per le quali il libro è così difficile da capire. Sembra zeppo di contraddizioni concettuali.

Tuttavia, dopo aver letto e riletto il libro di maestro Dôgen, mi sono abituato a questo modo particolare di pensare le cose. Egli discute tutti i problemi a partire di tre punti di vista, soggettivo e teorico, oggettivo e materiale, e realista. Egli insiste in seguito sulle differenze tra questi tre punti di vista e la stessa situazione reale. Adoperando questo metodo, egli può spiegare la realtà di una situazione in un modo molto chiaro e logico. Egli crede che la cosa più importante sia vedere ciò che è la stessa realtà; e allo stesso tempo, egli si rende conto di fino a che punto sia impossibile servirsi della parola scritta.

Dimodoché questo schema o sistema logico specifico è il modo di maestro Dôgen per suggerirci ciò che è la realtà. E io credo che il metodo di maestro Dôgen sia infatti un modo molto realista di esporre la realtà. Mi pare che le idee di maestro Dôgen siano molto realiste ed anche che il Buddhismo sia una religione della realtà.

Mi sono poi ricordato le Quattro Nobili Verità che tanto mi avevano spossato. Non potevo fare a meno di vedere un legame tra lo schema a quattro fasi nelle opere di maestro Dôgen e quelle Quattro Nobili Verità. Poi mi sono messo a pensare che magari la più grande contraddizione che il Buddha Gautama avesse avuto da affrontare nel suo pensiero dovesse esser stato tra il pensiero soggettivo, idealista, della religione tradizionale dell'India, e le filosofie oggettive, materialiste, dei sei grandi filosofi che erano popolari in India a suo tempo.

Ho dunque pensato che la soluzione del Buddha Gautama a tale contraddizione fosse stata questa scoperta che noi viviamo infatti nella realtà; non, come lo tendono a credere gli idealisti, in un mondo di idee, o come la pensano i materialisti, in un mondo di materia oggettiva, esclusivamente. Il Buddha Gautama stabilì la sua filosofia propri sul fatto che noi viviamo nel mondo vivace dell'esistenza momentanea, nello stesso mondo reale. Ma esprimere questo mondo reale a parole è impossibile. Perciò egli adoperò un metodo che reuniva i due punti di vista filosofici fondamentali in un tutto sintetico. Ed il sistema filosofico che egli così construì è quello buddhista. Ma, allo stesso tempo, egli si accorse che la filosofia non è la realtà; è nient'altro che una disquisizione sulla natura della realtà. Egli aveva bisogno di un metodo con il quale potesse la gente vedere direttamente ciò che è la natura della realtà. Quel metodo è Zazen, una pratica che già era tradizionale in India sin da tempi antichissimi. Il Buddha Gautama scoprì che quando noi ci sediamo in  questa postura tradizionale, nella calma, possiamo vedere direttamente ciò che è la realtà. Raccomandò quindi a i suoi  discepoli di praticarlo tutti i giorni.

E' così che scoprii la mia nuova interpretazione delle Quattro Nobili Verità; mi dissi che duhkha-satya, o Verità della Sofferenza, era l'antico modo indiano di esprimere la filosofia idealista. Quando noi siamo pieni di ideali e ansiosi di realizzare quegli ideali, noi invariabilmente soffriamo dalla nostra incapacità a realizzarli.

Mi dissi che samudaya-satya o Verità degli Aggregati potesse infatti rinviare agli aggregati di paramanu, la parola sanscrita per la più piccola particella di materia in esistenza -- l'atomo. La Verità degli Aggregati rinviava dunque ad una scienza primitiva della materia, la filosofie del materialismo così come esisteva a quell'epoca.

Poi, ho interpretato nirodha-satya, la Verità della Chiusura, in quanto sintesi dialettica; una negazione dell'idealismo e del materialismo.

Ultimamente, le filosofie mai possono essere la realtà stessa, un fatto costatato dal Buddha Gautama. Cosicché marga-satya, la Verità della Via Giusta, è la sua raccomandazione di praticare Zazen.

D'onde la mia interpretazione, che da quattro verità : l'idealismo, il materialismo, il realismo e la realtà stessa. Tale quadruplice struttura fondamentale è di grande importanza, se si vuol capire la teoria buddhista. Il Buddha Gautama credeva che l'idealismo fosse il pensiero umano al suo primo stadio, fondato su di un punto di vista soggettivo. Ma, in reazione a questo stadio primitivo, sorge naturalmente il pensiero materialista. Questi due punti di vista sono sempre in conflitto; lo si può vedere all'opera in tutti i paesi del mondo civile. Il Buddha Gautama stabilì la religione del Buddhismo per trascendere tanto il pensiero idealista quanto il pensiero materialista. Il Buddhismo sintetizza il punto di vista idealista con quello materialista per ottenere il punto di vista realista. Egli ci raccomanda quindi di praticare Zazen a fine di realizzare questa sintesi anziché il Buddhismo.

Io credo che questa successione di punti di vista filosofici; cioè idealismo, materialismo, realismo e realtà, rappresenta la teoria più importante del Buddhismo, teoria che tutti, in tutto il mondo, possono utilizzare a fine di osservare e di regolare le loro vite e il loro ruolo nella società.

Un esempio concreto di idealista sarebbe una persona che soffrisse sempre dalla frustrazione che le causerebbe l'incapacità ad accedere ai suoi  ideali. Un materialista soffre dalla sua incapacità di trovare un senso qualsiasi alla sua vita, al di là dei piaceri dei sensi. Si può dire che l'idealista farebbe meglio a studiare il mondo che lo circonda tramite i suoi  sensi, e che il materialista beneficerebbe dal suo diventare un poco idealista, dimodoché tutti due potessero trovare una sintesi tra i due stati, ciò che è lo stato buddhista. Quando la gente incontra l'atteggiamento realista nei confronti della vita come la propone il Buddhismo, può anche pensare, avvertire, agire e vivere in modo realista. Questo renderà le loro vite più soddisfacenti dalla vita di un idealista o di un materialista.

Nell'ambito della scienza, il Buddhismo crede nell'armonia tra scienza e religione. Sino alla fine del Medioevo, le religioni spirituali ebbero una fortissima presa. Ma, all'epoca moderna, la credenza nelle religioni spirituali si è sempre più indebolita, vinta dalle scoperte della scienza moderna. Non si tratta qui di una situazione stabile. Ovviamente, la conoscenza scientifica è vitale per le nostre vite. Ma non ci deve portare a negare ciò che ancora resta da scoprire dalla scienza. La maggioranza della gente non valuta bene questo fatto; crede che sia tanto poco coerente credere nella scienza quanto nella religione.

A questo problema il Buddhismo ci porge una soluzione eccellente: nella teoria buddhista delle Quattro Vedute, la religione spirituale è la prima tappa nel progresso del pensiero umano, e la scienza è la seconda tappa. Nel ambito del pensiero intellettuale, queste due tappe sono fondamentalmente contraddittorie. Ma il Buddhismo dice che dette tappe non sono altro che volti diversi di una sola e medesima realtà. Non c'è ragione fondamentale alcuna per che un scienziato non possa credere in una religione, anche lui. Il punto di vista buddhista è che la gente si debba cercare una nuova religione che non sia contraddittoria con la conoscenza scientifica. Se si considerano le cose in modo realista, è possibile trovare una credenza che sintetizzi la religione spirituale e la verità scientifica. Tale credenza è una religione nuova. Per stabilire questa nuova religione, noi pratichiamo Zazen.

Nel corso della nostra vita quotidiana, le Quattro Vedute possono essere di gran aiuto per risolvere i veri problemi. Ad esempio, facciamo l'ipotesi che, in quanto uomo di affari, io desideri costruire una nuova fabbrica. Se studiamo dapprima il progetto su di una base teorica, a partire da relazioni altrui e da libri di riferimento, otterremo un'immagine, immagine ideale della nostra fabbrica quale la vogliamo. Se dovessimo partire in quarta e costruire la nostra fabbrica in base alla nostra sola idea, andremmo probabilmente al fallimento. Questo poiché la nostra immagine ideale di ciò che noi vogliamo non corrisponde alla situazione reale.

Ci tocca passare ad una considerazione più oggettiva e pratica dei problemi in questione. Quanto costerà il terreno? Come si farà il collegamento all'acqua e all'elettricità? Com'è il mercato lavorativo in quel posto? Qual'è la media degli stipendi in quella zona? Come si potrà riscuotere un capitale sufficiente? Le risposte a queste domande pratiche ci daranno un'immagine più realista del nostro progetto.

Con quell'immagine, possiamo dunque procedere in avanti per tracciare un piano di azione realista; una sintesi della nostra idea di partenza e della nostra ricerca concreta. Il nostro piano di azione può essere ben diverso dalla nostra idea di partenza. Ma è probabilmente quello che avrà più probabilità di funzionare nella pratica. Allo stesso tempo, non è altro che un piano; non è ancora la fabbrica stessa.

Al fine, bisogna agire; bisogna andare in avanti e cominciare a costruire la nostra fabbrica. Quando lo facciamo, noi scopriamo che il lavoro reale giorno per giorno è totalmente diverso dai nostri progetti e che incontriamo numerosi problemi imprevisti. Questo perché persino il nostro progetto accuratamente preparato appartiene ancora all'area del pensiero. La fabbrica che stiamo costruendo appartiene al mondo reale. Nel mondo reale, bisogna passare tra prove numerose e sterminati fastidi. Ed è attraverso queste prove e di questi fastidi che esce lentamente da terra la fabbrica reale. La successione delle tappe del progetto: fase idealista, tappa oggettiva, tappa della pianificazione e tappa pratica stessa si ritrovano sempre nella vita di tutti i giorni.

Quando noi riconosciamo la necessità di questa successione di tappe nel nostro pensiero, noi possiamo solitamente riuscire. Finché non prenderanno coscienza di questa progressione attraverso i quattro stadi, gli idealisti falliranno proprio a cagion dei loro ideali forti e sovente eroici. E quelli che troppo oggettivi sono, per mancanza di ideali falliranno anche loro perché la loro analisi oggettiva di tutte le trappole possibili li renderà troppo cauti. Potranno esitare per timore dello scacco. Taluni, di più, sono troppo valorosi, troppo idealisti. Ed altri sono troppo timorati, troppo oggettivi. E' per evitare di essere o troppo valorosi, o troppo timorosi, che noi pratichiamo Zazen.

Nello Shôbôgenzô, maestro Dôgen dice: «Praticare Zazen è la totalità del Buddhismo, e il Buddhismo non è altro che la pratica di Zazen». Dimodoché, dal punto di vista ultimo, la pratica di Zazen è lo scopo della nostra vita. Zazen non è soltanto un modo d'incontrare il successo nella nostra vita, il il Risveglio stesso. Praticare Zazen è la nostra salvezza. Zazen è il nostro riposo. E' la vita. E' la Verità stessa. La pratica di Zazen ci permette di raccogliere i nostri ideali, i nostri obbiettivi e i nostri piani realisti in un tutto sintetizzato.

 


Segue : La mente nel Buddhismo


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