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Aggiornato al 10 novembre 2006

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nishijima[Ripreso dal blog di  Gudo Wafu Nishijima rôshi]

8/6/2006

L'allenamento particolare a cura di mio padre

Mio padre mi fa l'allenatore


Quando penso a quel che mi ha tanto attratto verso il buddhismo, penso di solito all'allenamento particolare alla corsa che mi fece fare mio padre, da bambino.

A 6 o 7 anni, non ero troppo robusto. Ero piccolino, e non mi si poteva ritenere forte. Ogni anno, nelle scuole primarie, c'erano le competizioni di atletismo, ed ero sempre buon ultimo.

Suppongo che fu questa la ragione della preoccupazione di mio padre. Una sera, dopo cena, mi chiese di accompagnarlo per una passeggiata. Finì per trovare un posto dove c 'era poca gente, e mi diede l'ordine di correre fino al prossimo lampione, poco distante, e di tornare di corsa. Non ne capivo la ragione, ma non avevo nessuna ragione di rifiutare, ed ubbidì. Ricomminciammo ogni sera.

Senza accorgermene, la lunghezza della corsa si allungò poco a poco. Il momento del giorno cambiò dalla sera al mattino. Progressivamente, la distanza percorsa si allungò enormemente, e finì per correre su di quasi 3 chilometri. Ogni giorno, durante la corsa, mi aspettava mio padre al punto di partenza, e credo che aveva molto freddo nell'aspettarmi nella strada durante l'inverno, ma conseguì i suoi sforzi per anni ed anni senza mai mollare.


Eppure, ingenti cambi eravano in corso per me. Alla scuola primaria, dal primo al terzo anno, ero sempre buon ultimo in corsa, ma dal quarto al sesto ed ultimo anno, fui sempre vincitore.


Nel frattempo, c'erano altri cambi. Ad esempio, benché sempre bambino, sentivo sparire le mie tendenze infantili, e diventavano più adulti i miei atteggiamenti nella vita quotidiana. Si sarebbe detto che non avevo più questa tendenza a passare bruscamente dalla gioia estrema alla tristezza pur tanto estrema. Ero più calmo, meno emotivo, ed il mio modo di pensare diventava più realista e meno romantico o ipersensibile. E pur rimpiangendolo un po', fatto sta che mi era impossibile cambiare le cosa a mio parere. Non mi andava.


Un freddo mattino d'inverno, osservai che le mie mani erano incredibilmente calde, ma senza che potessi capirne il perché. Davanti a tale bizzarreria, mi bagnai le mani nell'acqua fredda di un bascino previsto per i vigili del fuoco, nel cortile della scuola. Mi seccava. Ora, ripensandoci, mi sembra ben naturale aver avuto le mani così calde dopo l'aver corso tanto prima della collazione. A volte, episodi inconsueti del tipo mi tornano in mente.



Reazione alla vita regolata

Verso i tredici anni, com'ero timidissimo, ho smesso di correre, malgrado il parere di mio padre. Il più strano è che lo smettere di correre cagionò che mia vita non fu più regolare. Senza accorgermene del tutto, questo fatto mi fu abbastanza chiaro. Mi era difficile rimanere a casa, e mi misi a vagabondare, ad andare al cinema, a cercare libri d'occasione, e via dicendo. In breve, pur essendomi poco piacevole, mi era completamente impossibile avere la medesima regolarità di prima.


Ovviamente, avrei voluto uscirne, ma non era possibile, e soffrivo sempre più.


A quell'epoca, mi misi a legere molta buona letteratura giapponesa, ed anche inglese, francese, tedesca e russa, ecc., in versione giapponesa. Il governo di allora faceva grandi sforzi per mantenere il tallone aureo per la moneta, e le cose erano quindi a buonissimo mercato, inclusi i libri d'occasione.


Ho quindi potuto coltivarmi a buon mercato. Quel modo ch'era mio di legere a caso si dovette rivelare molto significativo per me, nel mio approccio alla verità, grazie alla pratica di  Zazen.


Poté anche vedere parecchi filmati forestieri, francesi, tedeschi, ecc., e quei filmati furono per me i migliori manuali di apprendistato dell'umanismo euro-americano.


Quel ch mi salvò infatti, da tale confusa giovinezza, fu la prossimità degli esami d'entrata al liceo. Tale confusione aveva poco a poco diminuito, e qualche giorno mi ritrovai di nuovo regolato, mentre stavo correndo per strada. Allora feci chiaramente la relazione tra il fatto di correre e la regolarità della mia vita. Mi ricodo che c'erano allora una quarantina di licei statali, e scelsi quello di Shizuoka. Più tardi, seppi di aver passato l'esame letterario tra i primi.


Il atletismo in liceo


Poco dopo gli esami, ricevetti parecchi inviti a collegarmi a qualche squadra sportiva, ma io volevo fare atletismo. Al ginnasio, avevo una cinta nera di giudò, e perciò alla squadra di giudò sarebbe piaciuto se mi fossi giunto a loro. Ma io volevo l'atletismo, a ragione della mia esperienza della corsa.


Mi ricordo nettamente che la mia staura non mi predisponeva all'atletismo, ma pensavo che con un sacco di allenamento, potrei risolvere il problema naturalmente. In altre parole, pensavo che l'allenarsi duro fosse l'unica soluzione.


Ho accettato la sfida con ben troppa ostinazione e fui molto stupido nell'occorrenza, a dir il vero, di troppo presumere delle mie forze. Nello stesso tempo, a considerare la stupidità e l'ostinazione dei miei sforzi atletici, avevo trovato una cosa pura e sincera, un fatto manifestatosi in quanto atto ad ogni momento.

Quando finì quella stupidagine, mi misi a pensare che le civiltà hanno generato un sacco di potenti ed eccellenti filosofie attraverso la storia. Continuai a pensare che se le studiassimo, dovremmo poterne trovare una che potrebbe definirsi Verità, senza difetto. Quello mi suggerì che l'essere sinceri e persistenti nello sforzo permettesse di scoprire una filosofia o religione che si potrebbe definire senza dubbi "Verità". Presi quindi la risoluzione di cercarla.



Segue con I due reverendi maestri



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