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Aggiornato al 15 novembre 2006

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Gli insegnamenti di Gudo Wafu Nishijima Sensei

Azione e vita quotidiana
[Quanto segue è una versione italiana di una traduzione inglese di tre interviste date dal maestro Nishijima alla radio 1 della NHK, nel dicembre 1994. Eseguita con il gentilissimo aiuto di Rossana Vecchio]

©Windbell Publications

 

Le attività principali nella nostra vita quotidiana sono centrate attorno il mangiare, il dormire ed il lavorare, ed includono l'alzarsi, il vestirsi e così via. Nella mia prima conferenza, ho citato il Maestro Tendo Nyojo che diceva, "La forma splendida e dorata è di vestirsi e di mangiare i pasti." Questo dice che il senso veritiero dello splendore del Buddha Gautama Buddha sta nelle nostre attività quotidiane di mangiare e di vestirsi, proprio com'era per il Buddha Gautama stesso.

Si tratta di un'affermazione piuttosto particolare per una religione. Di solito, le religioni ci dicono che le attività come mangiare e vestirsi sono d'importanza secondaria alla fede spirituale. Siamo soliti pensare che una religione debba valutare l'aspetto spirituale della vita alle spese di attività quotidiane come quelle. Esse non ci sembrano abbastanza importanti per diventare il centro della credenza in una religione. Ecco la percezione corrente.

Ma la filosofia buddhista si basa attorno all'azione, e le attività di mangiare, vestirsi, lavarsi -- lavarsi la faccia all'alzarsi la mattina -- formano quindi l'essenza degl'insegnamenti del Buddha Gautama.

Nello Shobogenzo, c'è un capitolo intitolato Hatsu-U, ovvero i Ciottoli buddhisti. Questi ciottoli sono chiamati patra in sanscrito, e o-ryoki in Giapponese moderno. In questo capitolo, Maestro Dogen spiega che il mangiare i pasti è una pratica buddhista importantissima. Egli dice "I patra sono il corpo-e-mente dei patriarchi buddhisti." Così, Maestro Dogen valuta altamente i ciottoli in quanto simbolo della sua religione.

Maestro Dogen scrisse pure un libro intitolato Fushuku Han Ho ovvero Regole per mangiare i pasti. Tradizionalmente, i preti nei templi del Giappone mangiano una zuppa di riso alla mattina, e riso a mezzogiorno. Il libro pone le regole di condotta per quando si mangia la collazione ed il pranzo. Pone i dettagli del come si dovrebbe mangiare i pasti. All'età di 23, Maestro Dogen se ne andò in Cina e ci rimase vivendo nei templi per quattro anni. In questo periodo, si accorse che il modo di mangiare i pasti che seguivano i preti cinesi era una tradizione, e volle riportare questo modo tradizionale di mangiare in Giappone e stabilirlo qua. Voleva che la gente del Giappone seguisse esattamente il modo di mangiare. Una di quelle regole dice che prima di cominciare a mangiare, bisogna recitare il Gokan No Ge ovvero le Cinque Riflezioni ad alta voce. Quelle Cinque Riflessioni sono:

Riflettiamo sull'insufficienza dei nostri sforzi in questa vita.
Contempliamo gli sforzi che sono entrati nella preparazione di questo pasto.

Durante il freddo inverno, la gente pianta dei germogli di riso e li serba durante l'estate. Poi, all'autunno, il riso viene mietuto e battuto per darci grano da mangiare. Se pensiamo allo sforzo che comporta, il lavoro impiegato a strappare le erbacce, a dare acqua alle risaie quando occorre, e trapiantare i germogli di riso al momento opportuno, il sol fatto di produrre riso impiega un sacco di lavoro. Non solo il riso, ma anche i legumi, e tutti gli altri cibi richiedono cura e fatica. Bisogna riflettere sul come viene il cibo al nostro tavolo. Questa è la prima riflessione.

Riflettiamo sui nostri meriti.
Sappiamo di non meritare questo pasto.

Dobbiamo poter diventare monaci grazie alla benevolenza di molta gente, e così ci è data la possibilità di praticare il Buddhismo. Se osserviamo la nostra pratica buddhista, non possiamo mai aver l'impressione di averne fatto abbastanza. Così mangiamo riflettendo sull'insufficienza della nostra condotta :

Riflettiamo sulle fonti delle nostre illusioni mentali e dei nostri errori.
Dobbiamo evitare l'avidità, l'ira e l'ignoranza.

Tentiamo di non essere avidi, di non arrabbiarci, e di non rammaricarci. Questi sono conosciuti come i tre veleni. Nel Buddhismo, evitare questi tre stati fa parte del nostro allenamento a evitare pensieri non-necessari, atti sbagliati ed errori. Dobbiamo evitare tali stati quando stiamo mangiando i pasti. :

Riflettiamo sulla ragione di mangiare pasti.
Si tratta di evitare di diventare deboli e magri.

Il Buddhismo dice che il cibo è una specie di medicina per impedirci di diventare deboli, e i pasti vengono tradizionalmente chiamati "Grande Medicina". Quest'espressione ci da un'indicazione dell'importanza che da il Buddhismo al mangiare i pasti. Benché sia la conoscenza medicale sia svilupatissima e le tecniche avanzatissime, i pasti sono d'importanza primaria nel mantenerci in salute, e le medicine possono solo essere secondarie. Il cibo che mangiamo ogni giorno nutre il nostro corpo e ci impede d'indebolire. Dal punto di vista buddhista, il cibo è quindi una buona medicina, e tutti noi mangiamo pasti per impedirci di dimagrire ed indebolirci. Se diventiamo deboli, perdiamo la capacità di lavorare.

Riflettiamo sull'ultima ragione di mangiare pasti.
E' solo per arrivare alla verità.

Quando si mangia il pasto adesso, stiamo afferrando la verità del Buddhismo. Non stiamo mangiando solo per nutrire il nostro corpo, ma anche in quanto pratica per completare la nostra mancanza a raggiungere la verità buddhista. :

Tali sono le cinque riflessioni.

Al riguardo, il maestro Kodo Sawaki, con cui ho studiato per parecchi anni, spesso diceva quando ci insegnava: "Stiamo mangiando allo scopo di lavorare, o lavorando allo scopo di mangiare? Pur pensando molta gente che mangiare sia il più importante, e stanno lavorando allo scopo di mangiare, col lavoro al secondo posto, nel Buddhismo, il valore di un essere umano viene dal lavoro che fa. Non è così importante quel che mangiamo. E' solo che dobbiamo mangiare per poter lavorare." Ecco quel che spesso diceva Sawaki Roshi. E questo significato viene incluso nelle cinque riflessioni.

Il Buddhismo venera pure il valore del kasaya, l'abito buddhista.

Oltre il suo atteggiamento tradizionale rispetto ai pasti, il Buddhisma ha anche una tradizione di ciò che indossiamo. Ci sono due capitoli nello Shobogenzo scritti a proposito del kasaya: Kesa Kudoku, I meriti del Kasaya, e Den-e, La trasmissione dell'abito. Kesa Kudoku spiega qual è il valore del kasaya, e Den e descrive il tipo di kasaya che vestono i preti, e riferisce all'abito in quanto cuore e corpo del Buddha.

La religione chiamata Buddhismo è stata praticata per parecchi anni nell'India, il Tibet, la Cina, il Giappone e parecchi paesi dell'Asia del Sud-est. I buddhisti di tutti questi paesi vestono il kasaya, benché gli stili siano abbastanza diversi da paese a paese. Portare il kasaya ci identifica in quanto buddhisti.

Ma il kasaya non è soltanto una divisa che dimostra che siamo buddhisti. Indossarlo incorpora pure la religione stessa. La gente tende a pensare che i vestiti mostrano la persona, e oggidì ci sono parecchie mode e parecchi materiali, colori e disegni diversi che ci permettono di esprimerci. I vestiti esprimono la storia dell'umanità e ci dicono qualcosa a proposito dell'indossatore.

Nel capitolo Senmen, ovvero Lavare la faccia, dello Shobogenzo, Maestro Dogen dice che lavarsi è importantissimo. Cita dal Sutra del Loto per battere il chiodo:

"Il bodhisattva applica olio sul corpo,.
Avendo lavato nel bagno polvere e fango,
E indossa un abito fresco e pulito:
Totalmente pulito di dentro e di fuori."

Maestro Dogen commenta: "Così lavare il corpo-e-mente, applicare olio fragrante, e sgomberarsi della polvere e del fango, sono Buddha-Dharma di primaria importanza." Va avanti parlando del lavarsi la faccia: "Lavarsi la faccia è stato trasmesso dall'India nell'Ovest, e si è diffuso attraverso la Cina all'Est."

Tendiamo a pensare che lavarsi la faccia sia nella nostra vita quotidiana poca cosa senza importanza alcuna. Ma in effetti, lavarsi la faccia è un'importantissima espressione della nostra civiltà. Guardando indietro nella storia del Giappone, nei tempi antichi, non c'era il costume di lavarsi in acqua calda. Avevano la consuetudine del "misogi" ch'era di lavarsi nell'acqua fredda. Poi, attorno all'Era di Nara, la pratica di usare acqua calda venne in Giappone col Buddhismo, e cominciò ad essere consueta. Si dice che la moglie dell'Imperatore Shomu aveva costruito il primo bagno pubblico, ed è così che lavare il corpo si estese dalla consuetudine religiosa a far parte del costume della società normale. Lavare il corpo per mantenerlo pulito e lavarsi la faccia sono ambedue indicatori precisi dal livello di una civiltà.

Nello stesso capitolo, Maestro Dogen spiega anche come pulire i denti. Descrive come usare uno stelo di salice, costume che proveniva all'origine dall'India. I preti buddhisti erano soliti portarsi uno stelo di salice specificamente a quello scopo quando viaggiavano. I bonzi hanno da trasportare 18 articoli specifici nel viaggiare, e lo stelo di salice è quello più importante di tutti.

Dunque, nel Buddhismo scopriamo che il lavarsi la faccia e pulirsi i denti esprime una condotta essenziale per i monaci. Tutte e due le consuetudini vennero in Giappone dall'India attraverso la Cina. Maestro Dogen si rammarica del fatto che, nei suoi tempi, la pratica di pulirsi i denti era praticamente scomparsa in Cina. Egli ristabilì la pratica nel suo tempio, Eihei-ji, ed i monaci continuano lì lo stesso costume ancora oggi. Maestro Dogen si sentiva molto soddifatto dall'esser stato capace di ristabilire queste consuetudini. Egli aggiunge "Prima dell'averci lavato la faccia, compiere una qualsiasi delle varie pratiche è scortese." Questo conferma chiaramente che lavarsi la faccia alla mattina è una parte vitale della condotta buddhista.

In un altro capitolo intitolato Senjo, ovvero Lavarsi, troviamo il passaggio:

"L'acqua non è sempre originalmente pura né originalmente impura. Il corpo non è sempre originalmente puro né originalmente impuro." Questo significa che l'importante non è che il corpo sia pulito o sporco né che l'acqua sia pulita o sporca. Il significato del lavarsi nel Buddhismo non è solo nel lavare il nostro corpo sporco in acqua pulita; il Buddha Gautama ci ha insegnato che l'azione del lavarsi è importante, e noi seguiamo i suoi insegnamenti. Quegli insegnamenti dicono che lavare il corpo ha un significato religioso importantissimo.

Nello stesso capitolo, Maestro Dogen ci dice di tagliarci le unghie. Non pensiamo solitamente che tagliarci le unghie sia parte di una pratica religiosa, ma nel Buddhismo forma una parte essenziale della condotta religiosa. Il capitolo contiene pure istruzioni dettagliate sul come andare ai gabinetti; quale tipo di preparazione, ed il modo di usare i gabinetti. Queste cose sono scritte in grande dettaglio.

Ci è particolarmente detto quanto sia importante il tenere le parti intime del corpo pulite. Nel Giappone moderno, non è consueto lavarsi il didietro dopo esser stato al cesso, ma quel costume tuttora esiste in India. Negli alberghi in India c'è sempre una piccola ciottola nei gabinetti che serve a quel proposito. Si riempie la ciottola d'acqua e la si usa per lavare il didietro. Quei costumi furono trasmessi a dei templi in Cina e quando Maestro Dogen ci dimorava, visse i costumi e li riportò in Giappone. Ecco cosa succedette. Possiamo supporre che egli stabilì le medesime consuetudini anche al tempio di Eihei-ji. Oggidì, il più dei paesi occidentali usano carta igienica. Ci stanno parecchi paesi e costumi diversi. Tra tutte quelle consuetudini diverse, man mano che la società moderna globale adopera in successione quella migliore, avanza la civiltà.

Guardando attorno al mondo, possiamo vedere parecchi svariati costumi, taluni buoni, taluni non così buoni. Al guardare diversi paesi, c'è un criterio semplice per giudicare il livello di una società -- lo stato dei gabinetti pubblici in qual paese. Se i gabinetti pubblici sono puliti, questo dimostra che il livello di civiltà in questo paese è alto. Dovrebbe essere una priorità per noi il mantenere i nostri gabinetti pubblici puliti, e per arrivarci, bisogna realizzare l'importanza dell'igiene personale e pubblica.

Tutte queste specie di attività quotidiane sono chiaramente descritte nello Shobogenzo in quanto condotta religiosa. Citerò Maestro Dogen un'altra volta:

Fu il mio maestro Tendo (Cin. Tiantong Rujing), il Buddha eterno ... dice nella sua predica formale nella sala di conferenza:

"Mi ricordo questo: Un monaco chiede a Hyakujo, 'Cos'è qualcosa di miracoloso?' Hyakujo (Cin. Baizhang) dice, 'Sedere da solo sul Grande e Potente Picco.' Monaci, non lasciatevi turbare. Lasciate il tipo ammazzarsi sedendo per un pò. Se oggi dovesse qualcuno chiedere di botto, 'Acarya Nyojo, cos'è qualcosa di miracoloso?', gli risponderei 'Quale miracolo ci potrebbe essere? Finalmente, cosa c'è da dire? I patra di Joji si sono traslocati a Tendo e staranno mangiando pasti.'"

Così, per rispondere alla domanda 'Cos'è qualcosa miracoloso?', Maestro Hyakujo dice che sedere da solo nella sua capanna sulla montagna è una cosa assolutamente meravigliosa. Maestro Tendo ci dice di non stupirci e di lasciare Hyakujo andare avanti con la sua pratica di Zazen nella sua capanna. Dice che se uno dovesse venire da lui e chiedergli proprio a quel momento lì cos'è la cosa più meravigliosa, egli risponderebbe che non ci sono miracoli nella nostra vita quotidiana. Al fine, dice soltanto a tutti che sul Monte Tendo, egli usa tuttora le ciottole che usava nel suo vecchio tempio, Joji, tutti i giorni. Esprime questo come fosse un fatto meraviglioso!

Quel tipo di esempi è proprio la cosa più meravigliosa. Mostra che il Buddhismo è centrato sull' azione, e illustra pure l'accettazione della situazione reale di fronte a noi nella nostra vita quotidiana -- vivendo una vita sincera. Quelle sono proprio pratiche buddhiste.

Oggidì, la gente adopera solitamente uno di due atteggiamenti fondamentali alla vita quotidiana: atteggiamento positivo, ottimistico, oppure atteggiamento negativo, critico. Ho l'impressione che la maggioranza della gente nelle nostre società moderne hanno una prospettiva critica, pessimista o negativa: cosa dobbiamo fare a proposito delle armi nucleari; cosa fare per mantenere la terra libera da inquinamenti; come risolvere il problema dello strato di ozono; quanto stupidi possono essere gli esseri umani, per creare situazioni come la Somalia; perché i paesi balcanici stanno sempre a combattere. Quelle specie di preoccupazioni pessimiste sono viste negative e piuttosto diffuse. Ma non è quella la via buddhista. Viviamo solo al momento presente. Concentriamo ed agiamo su questo momento. Finché viviamo agendo al momento presente, sforzandoci per migliorare la situazione, siamo liberi dell'angoscia e della sofferenza.

In linea di massima, crediamo che le religioni abbraccino questa specie di atteggiamento di "prendersi cura", ma è fondamentalmente pessimista. Proviene dalla credenza che il mondo in cui viviamo sia zeppo di peccato e di non-purezza. Se ci protendiamo in avanti nello sforzarci di sgomberare la faccia brutta del mondo di modo che solo il buono rimanga, finiamo per sentirci ansiosi o pessimisti. Questo è il volto normale della religione.

Ma il Buddhismo non ha un tale punto di vista. Non c'è nessun imperativo a migliorare la realtà. Accettiamo la meraviglia del mondo proprio com'è. L'atteggiamento dell'accettare le cose così come sono è il nostro stato naturale o originale. Se il nostro comportamento svia dalla via naturale, generiamo la nostra propria insoddisfazione e ci mettiamo a rammaricarci. E' quello che ci porta ad una vista pessimista e negativa del mondo. Certo, a volte succedono cose nella vita che ci fanno sentirci disgraziati, ma si tratta piuttosto di sapere se questo tipo di concezione è l'atteggiamento corretto, fondamentalmente.

Quella era la domanda che si era posta il Buddha Gautama egli stesso. Dopo qualche anni a fare la severa vita dell'asceta, scoprò finalmente che questo mondo è meravigliosamente positivo così com'è. E voleva dire ad ognuno cosa aveva scoperto. Voleva insegnare quel fatto a tutti. Ecco qual'è l'origine della religione buddhista. Eppure sono in molti quelli che dubitano di ciò che dico. Credono che il Buddhismo sia basato su di una vista pessimista, nella quale il mondo è pieno di sofferenza. Credono che il Buddhismo dice che il mondo è sofferenza, e che la nostra parte in quello sia di accettarlo e di sopportare la sofferenza. Pensano che questo sia la vita buddhista. Io dissento fortemente.

Non c'è nulla nello Shobogenzo di una tale credenza. Così lo comprendo. Al contrario, Maestro Dogen ci dice che dobbiamo accettare il mondo nello splendore suo così com'è. Quello è il principio fondamentale dei suoi insegnamenti.

La ragione per cui la gente creda che il Buddhismo abbia una vista del mondo così pessimista proviene dall'interprazione tradizionale delle Quattro Nobili Verità. Queste quattro verità formano il centro della credenza buddhista. L'interpretazione tradizionale di quelle verità ci da un'immagine tetrissima della vita, come se dovessimo impegnarsi in una lotta in un mondo di sofferenza per scacciare tutti i nostri desideri ed ottenere qualche stato speciale. Ma quell'interpretazione non è l'unica. Ecco un'altra interpretazione ch'io credo ci mostri chiaramente la via buddhista in questo mondo, e che è l'interpretazione consistente con gl'insegnamenti di Maestro Dogen.

La prima Nobile Verità è interpretata per significare che il mondo è pieno di sofferenza, ma questa verità è sola la prima delle quattro che devono esser prese tutte assieme. Significa che il mondo è pieno di sofferenze se lo osserviamo di un certo modo, da un certo punto di vista. Se osserviamo il mondo da un punto di vista idealista, al confronto della perfezione delle idee nelle nostre teste, il mondo è lungi dall'essere perfetto. E' quel iato tra le nostre perfette idee ed il mondo reale che è causa delle nostre sofferenze.

La seconda Nobile Verità dice che se lasciamo perdere il punto di vista idealista, possiamo trovare un punto di vista obiettivo: questo mondo è solo un ammasso di materia. Ecco qua un punto di vista diverso, scientifico, sul mondo. Ma soltanto con questa visione del mondo, non è possibile per noi scoprire il valore ultimo della vita. Cioè, tendiamo a perdere di vista lo scopo della vita.

A fine di sbarazzarci di ambedue quei modi di vedere la vita, uno che ci fa soffrire a mettere a confronto la nostra vita con i nostri ideali, e l'altro in cui non possiamo scovare una ragione di vivere, dobbiamo entrare nel mondo dell'azione. Questa è la terza Nobile Verità. La terza verità ci incalza a negare i due primi punti di vista. Smettere di rammaricarci e di sentirci insoddisfatti, smettere di lasciare che gli eventi ci trascinino; basandoci sulle nostre proprie azioni possiamo iniziare a fare la nostra propria vita. E' quello il senso della terza Nobile Verità. Se viviamo le nostre vite centrati attorno all'azione, possiamo vivere nell'unità con la verità.

Questa unità con la verità è la Via che seguiamo. E' quella, la quarta Nobile Verità. Essa ci spinge a seguire il sentiero dell'azione nella nostra vita giorno per giorno; vivere la nostra vita nell'unità con la legge dell'Universo.

Se guardiamo al senso veritiero delle Quattro Nobili Verità in questo modo, esse non ci danno un punto di vista pessimista sul mondo; anzi, c'insegnano cosa dovremmo fare per essere felici. Ecco il modo che c'insegna il Buddhismo per vivere la nostra vita quotidiana.


Segue con Buddhismo e Zazen


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Dogen Sangha

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