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© Nanabozho (il Coniglio Magno)
Aggiornamento di questa versione italiana : 13 novembre 2006

 

Si potrà trovare la versione originale inglese di questo documento a:
The Original Versionhttp://home.att.net/~sotozen/

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Ringrazio il Sig. Mitchell per la sua cortese autorizzazione a fare questa versione del suo lavoro. Per la pronuncia della traslitterazione Pinyin, si prega riportare alla Tavola delle traslitterazioni dal Pinyin al Wade-Giles ed al Giapponese

L'identità della Vacuità, della Talità e della Natura-di-Buddha

 

Quasi tutte le conversazioni maestro-allievo ed i kôan che ci trasmette la letteratura chan tra i secoli VII° e XIII° si possono leggere quante rappresentazioni dell'una di cheste tre dottrine mahayana fondamentali, espresse in segni, simboli e metafore. (Col separare l'insegnamento buddhista primitivo sulla non-esistenza inerente di un se personale, che la formulazione madhyamika ha più tardi chiamato sunyam svabhavam, dal concetto mahayaniche più generale della vacuità da tutti i fenomeni, si potrebbe allora parlare di quattro, invece di tre dottrine filosofiche fondamentali che si articolano nel discorso chan.) Ma esiste anche un postulato sotteso che tre di queste posizioni sono identiche. E' implicita, nella retorica del chan, l'idea che vacuità, talità e Natura di Buddha, viste dal punto di vista della verità ultima o assoluta, non solo sono inseparabili, ma che costituiscono la stessa cosa. Ed è perciò che il maestro Zen si sforza di svegliare l'allievo sconcertato saltando all'improvviso da una posizione all'altra. Per dare due esempi tratti dai nostri testi: nel dialogo con Dadian Baotong, Shitou corregge la falsa definizione che Dadian da della vacuità, ("All'origine, niente esiste."), mostrando che se niente esistesse, il viso originale (la Natura di Buddha) non esisterebbe neanche. E quando Yaoshan dice a Yunyan che "sei, sono uno e che uno, è sei," vuol dire che se tutte cose sono vuote, sono anche caratterizzate dalla talità (la non-dualità).

La retorica chan si può tutta vedere come un'interminabile proliferazione di segni che puntano verso ciò che, già dall'origine, non potrà mai venir significato, dimodoché è per questa medesima ragione che nuovi segni sono costantemente generati. [Questa proliferazione di segni viene chiamata "supplementarità" dal semiologo Jacques Derrida: cioè una compensazione tra la proliferazione, da parte dal significante, per un significato che non può mai esser fatto presente. Un significato cede il posto ad un altro, fonzionando a suo turno come significante.] Ma una partie della tensione che stimula questo processo continuo di articolazione simbolica è l'oscillazione tra le posizioni che rappresentano la vacuità, la talità e la Natura di Buddha. A questo riguardo, la famosa storia del risveglio di Huineng, che condusse al riconoscimento di lui in quanto Sesto Patriarca per Hongren, Quinto Patriarca nella linea risalendo sino a Bodhidharma, è paradigmatica e situasi nei primissimi inizî della letteratura del Chan. Hongren chiede a ciascuno dei suoi allievi di scrivere un poema che esprimerebbe la sua esperienza del risveglio. Shenxiu, considerato come primo discepolo del maestro, scrisse un poema che esprime il tathagata-garbha o teoria della Natura di Buddha, impiegando la metafora dello specchio:

Il corpo è l'albero del Risveglio
La mente somiglia un chiaro specchio
Da sempre mi sforzo di farlo brillare
Senza lasciarlo coprirsi di polvere.

Huineng risponde però con un poema composto dal punto di vista della teoria della vacuità:

Non c'è mai stato l'albero del Risveglio,
Poco più che un chiaro specchio.
Sin dall'inizio niente esiste;
Dove si potrebbe attaccare la polvere?

[I due poemi erano qui citati in Inglese dalla versione di Heinrich Dumoulin, A History of Zen Buddhism, p. 132. Ma i manoscritti di Dunhuang danno una versione diversa dei celebri poemi di Huineng: cf. Yampolsky, The Platform Sutra of the Sixth Patriarch , p. 132, postilla #38.]

Tipicamente, Hongren dice che la comprensione di Huineng non è pas ancora completa -- forse suggerendo che ci potrebbe essere una posizione superiore che postulerebbe l'ugualianza delle due teorie -- ma confera nondimeno la veste di successione a Huineng. E' come se Hongren, di fronte alla necessità di scegliere tra sunyata e tathagata-garbha, reggesse il primo per insegnamento superiore, ma lasciasse aperta la possibilità di una posizione superiore ai due, esprimabile solo tramite il simbolo e la metafora e inaccessibile tramite il pensiero discorsivo. L'alternanza tra queste due posizioni, alla pari con la posizione ulteriore della talità*, e l'elaborazione simbolica susseguente che postula o incorpora le due o tutte le tre come sostanza della realtà, inspirano la retorica chan attraverso i sei secoli consecutivi, anziche gli scritti di Dôgen Zenji nel Giappone del secolo XIII°.

*Numerosi testi dell'epoca dei primi Tang parlano della fusione della talità e della Natura-di-Buddha. Il manoscritto di Dunhuang intitolato Trattato di Bodhidharma sulla Contemplazione della Mente, tradotto da J.C. Cleary in Zen Dawn, pp. 79-102, ne è un buon esempio. Non si sa quale sia l'origine di questa opera, ma potrebbe esser stata composta nel Jiangxi o nel Hunan dal vivo di Shitou. Tuttavia, l'equazione degli assoluti buddhisti tra di loro risale molto lontano nella tradizione indiana, cosicché ad esempio nel Sûtra Srimaladevi (Il veritiero ruggito del leone della regina Srimala): "Onorato del mondo, l'embrione di tathagata è la conoscenza che ha il Così-Venuto della vacuità," tradotto da Garma Chang; Un tesoro di Sûtra del Mahayana, p. 378.


L'interazione del Principio e dei Fenomeni

 

La scuola Cao-Dong caratterizzasi da due dottrine filosofiche che peraltro, non si ritrovano chiaramente nelle altre scuole del Chan della fine dei Tang e dell'inizio dei Song. La prima, l'insegnamento esoterico dei Cinque Ranghi, fu creata da Dongshan Liangjie e sviluppata da Caoshan Benji. La sua popolarità ed il suo uso in quanto strumento pedagogico sembrano avvere enormemente variato da una generazione all'altra -- Dôgen Zenji non pare esserne stato molto marcato -- ma è ragionevole di dire che ha sempre costituito perlomeno un retropiano attraverso tutta la storia posteriore della scuola. Difatti, le storie chan del periodo dei Song concordano sull'accento posto sui Cinque Ranghi di Dongshan in quanto techniche specifiche della scuola, il che di per sé escludeva che sparisse completamente in seguito.

La seconda caracteristica dell'insegnamento Cao-Dong, cioè l'interazione o "l'interpenetrazione mutuale" di li e di shi, il principio ed il fenomeno, è di particolare idoneità per gl'inizî della scuola. La si trova anche nei Colloqui di Mazu, il che indica che quest'insegnamento è probabilmente stato usato nella scuola Hongzhou del secolo VIII°, che veniva giù da Mazu. Ve n'è anche menzione in modo esplicito nei Colloqui di Dongshan, e la si può notare in quanto fondamento o strategia sottostante della formulazione dei Cinque Ranghi, una sistematizzazione della maniera cui il principio ed i fenomeni s'integrano ed interagiscono. Shitou Xiqian, alla quarta generazione prima di Dongshan, insisteva sull'insegnamento di li e di shi, e ciò, più che ogni altro particolare fattore, a portato a pensare ad una preistoria del Cao-Dong che anticiperebbe la fondazione della scuola stessa nel secolo IX°; che le sue radici reali si stenderebbero sino alla metà del secolo anteriore, e che si dovrebbe riqualificare Shitou Xiqian non solo in quanto "Antenato del Cao-Dong", ma anche, ad un grado od un altro, come uno dei veri fondatori della scuola. Une altra circostanza che conforterebbe questa posizione sarebbe il fatto che i due maggiori poemi dottrinali dei due maestri, cioè l' Accordo della Differenza e dell'Unità di Shitou ed il Canto del Samadhi dello Specchio-Gioiello di Dongshan, siano stati adottati per la recitazione quotidiana, il che gli conferisce una specie di canonizzazione liturgica nel quadro delle cerimonie nei tempi. I due poemi hanno molto in comune, e si completano a meraviglia nel contesto Cao-Dong. Sono anche stati tenuti in alta considerazione dalle altre scuole del Chan, e sono ad ogni modo considerati tra i capolavori della letteratura buddhista cinese.

L'insegnamento dell'interazione del principio e dei fenomeni proviene dalla scuola Huayan, una delle scuole le più ragguardevolmente innovanti del Buddhismo cinese, che emerse nel secolo VII°, all'epoca di Huineng. La scuola tiene il proprio nome Huayan jing, l'Avatamsaka Sûtra, o Sûtra dell'Ornamentazione fiorita. Tra i sûtra mahayanici, l'Avatamsaka è assolumente unico. E' un'opera enorme, infatti una collezione di scritti distinti combinati tardi nel secolo III° o presto nel IV° dnE, probabilmente in Asia centrale, nei regni dimenticati de deserto, siti nel lontano sud-ovest di ciò che è oggi la Cina. Il sûtra offre un panoramico della cosmologia buddhista mahayanica, che mette il Buddha nel centro di un universo riempito di mondi e di sistemi di mondi innumerevoli, circondato da un assemblea di buddha e di bodhisattva che sono dotati di tutte le varietà di poteri telepathici straordinairi, immersi nel'estasi e totalmente assorbiti nella radianza penetrante e fiammeggiante del samadhi del Buddha. In più di questa visione paradisiaca buddhista, la sezione finale del sûtra racconta la storia del giovane Sudhana che s'imbarca in un lungo peregrinaggio per riceveree gl'insegnamenti di cinquanta consiglieri diversi e funge così da modello per tutti quanti sono in questua sulla via del bodhisattva.

L'Avatamsaka Sûtra non è solo l'opera visionaria la più grandiosa della storia del Buddhismo Mahayana, è certamente uno dei capolavori i più immaginativi ed inspirati di tutta la letteratura religiosa da tutte le parti. Al piano filosofico, unifica gl'insegnamenti mahayanici di vacuità, di talità e di Natura-di-Buddha, e conquesto fatto, indica l'avvenire del Chan. Iidentifica anche la mente umana all'universo fisico, che viene anche considerato come essendo identico col Buddha. Infatti, il Buddha, la mente, gli esseri sensibili ed i fenomeni sono una sola e medesima cosa. Visto dal punto di vista della verità ultima di non-dualità, la concezione tradizionale della co-produzione condizionata ne tira d'improvviso un senso positivo, visto che l'ignoranza è anche il Risveglio. Il sûtra è anche pieno di un simbolismo che esprime l'interdipendanza e l'interazione universali, l'identità degli opposti e l'unità nella differenza, tutte tematiche che coincidono in una misura ragguardevole con le idee filosofiche pre-buddhiste originarie di Cina. Tradotto in cinese da Buddhabhadra verso il 420 dnE, l'Avatamsaka Sûtra ha instantaneamente focalizzato l'interesse dei praticanti del Buddhismo e dei studiosi tutt'assieme, tutto quanto continua di affascinare ancora oggi. Verso la metà del secolo VII°, il suo studio diede luogo alla nascita della scuola Huayan, i cui fondatori tentarono di spiegare in modo sistematico una serie d'idee filosofiche che percepivano in questo sûtra. Queste idee suscitarono un larghissimo interesse in tutte le scuole buddhiste cinesi contemporanee, particolarmente nelle scuole chan che allora stavano emergendo. Che il Chan ed il Huayan prendano direzioni anche compatibili può dimostrarsi dalla carriera del Quinto Patriarca Kueifeng Zongmi (780-841), che fu anche riconosciuto in quanto maestro dalla scuola di Chan fondata da Shenhui e conosciuta come scuola Hoze (chiamata kataku in giapponese). Zongmi è una figura importante della sua epoca a più titoli, ed è abbastanza ovvio che deve aver considerato la pratica chan quanto conseguenza adeguata delle idee Huayan, a loro turno derivate dall'Avatamsaka.

L'insegnamento dell'identità e della penetrazione mutua del principio e dei fenomeni, cruciale nello stabilimento della scuola Cao-Dong, fu ovviamente dapprima formulato da Tuxun (557-640), che si venne a considerare per il vero fondatore della scuola Huayan. Il primo trattato Huayan attribuito senza certezze a Tuxun ed intitolato Fajie kuan men (Riflessioni sul campo del Dharma) spiega la relazione tra li (principio) e shi (fenomeni), ed i diversi modi d'interpenetrazione dei due. Siccome il principio, significando le verità generali o i principî che governano la realtà fenomenale, interagisce con i fenomeni "senza ostruzione mutua" (wu ai), ambedue il principio ed i fenomeni possono entrare in o compenetrarsi ; per includere, incorporare e fusionare gli uni con gli altri, senza mai perdere ognuno la sua identità rispettiva. Questa concezione ricevette una elaborazione ulteriore negli scritti di Fazang (643-712), che menziona l'insegnamento nell'introduzione del suo commento sul Risveglio della Fede nel Mahayana. Fazang fu più tardi riconosciuto in quanto Terzo Patriarca della scuola Huayan, dopo che ebbe sviluppato il paragone del "Leone di Oro" che fu istantaneamente popolare. La statua del leone rappresenta la sua esistenza fenomenale, ma l'oro cui è fatto è il suo principio che è di per se senza forma, ma per questa ragione può adottare ogni forma a richiesta. Siccome tutte le parti del leone sono di oro, il principio è necesssariamente presente in ognuna delle sue parti: il tutto è identico alle sue parti, e vice-versa. Di conseguenza, ogni fenomeno manifesta un principio, e questo principio uno compie la sue espressione nel mondo dei fenomeni. Se, in termini buddhisti, poniamo l'equivalenza del principio con la vacuità, che è naturalmente LA qualità che caratterizza tutti i fenomeni, dunque la vacuità è la forma e la forma è la vacuità. La vacuità è per questa ragione il "fonte spirituale" (Shitou Xiqian) dell'esistenza fenomenale. Questo fonte spirituale viene anche identificato, nella tradizione Huayan, non solo con il Dharmadhatu, il vero "campo del Dharma", che impregna ogni cosa in modo invisible, ma anche con il tathagata-gharba, visto come corpo e mente unica del Buddha. Tutto quanto le teorie della vacuità, della talità e della Natura-di-Buddha sono unificate nel pensiero Huayan, sono continuamente integrate nel lingaggio del segno e del simbolo che impiegavano i grandi maestri del Chan.


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