[86]
Sin dall'epoca in cui il Tathâgata stava
nel mondo sino ad oggi, ogni volta che i meriti del kasâya
vengono citati nei sûtra o il vinaya [79] dei
bodhisattva e des çrâvaka, questi cinque meriti
sacri
vengono sempre considerati
fondamentali. Certo, i kasâya sono le sottane buddhistiche
dei buddha dei tre tempi. I loro meriti sono incommensurabili. Allo
stesso tempo, meglio vale, probabilmente, ottenere il kasâya
nel
Dharma del Buddha Çâkyamuni che
di ottenerlo nel
Dharma degli altri buddha. La cagione, se me la si chiede, è
che
nel passato antico, quando il Buddha
Çâkyamuni stava nello stato causale [80]
in quanto
bodhisattva-mahâsattva Grande Compassione, quando
offrì i
suoi
cinquecento grandi voti al Buddha Gioiello-Tesoro, egli fece
precisamente questi voti in termini
dei meriti di questo kasâya. Questi meriti possono essere
assotalumente incommensurabili e impensabili. Stando a che, la
trtrasmissione autentica al presente della peau, della carne, delle
ossa
e del midollo dell'Onorato del Mondo è la sottana
kasâya.
I maestri ancestrali
che hanno autenticamente trasmesso il tesoro dell'occhio del Dharma
giusto hanno tutti, senza eccezione, autenticamente trasmesso il
kasâya. Gli esseri vivi che hanno ricevuto e custodito questa
sottana e l'hanno umilmente ricevuta sopra la loro testa hanno, senza
eccezione, colpito la verità in due o tre vite. Persino
quando
ci fu gente a mettersi [il kasâya] sul corpo per scherzare
o per interesse, esso è inevitabilmente
diventato le cause e le condizioni per che colsero la verità.
[87] Il maestro ancestrale
Nâgârjuna [81]
dice: "Per di più, nel Buddha-Dharma, la gente che ha
lasciato la vita di famiglia [82],
pur infrangendo i precetti e cadendo nel fallo, dopo l'aver espiato i
suoi mancamenti, può arrivare alla liberazione,
anziché
lo spiega la
bhiksuni Utpalavarnâ nel Jâtaka sûtra
[83]:
Quando il Buddha è nel mondo, questa bhiksuni ottiene i sei
poteri mistici [84]
e lo stato di arhat [85].
Ella va nelle case nobili e fa costantemente l'elogio del lasciare la
vita di famiglia, dicendo a tutte le donne
dell'aristocrazia: 'Sorelle! Bisogna che voi lasciate la vita di
famiglia!'
Le donne della nobiltà dicono: 'Noi siamo giovane e i nostri
visi
sono pieni di vita e di beltà. Ci risultarebbe difficile
rispettare i precetti. Ci potrebbe succedere d'infrangerli.'
La bhiksuni dice: 'Se infrangete i precetti, gl'infrangete. Lasciate
pure la vita di famiglia!'
Esse chiedono: 'Se infrangiamo i precetti andremo all'inferno.
Peròché dovremmo voler infrangerli?'
Essa le risponde: 'Se cadete nell'inferno, cadete pure'.
Le donne nobili a quello ridono tutte, dicendo: 'Nell'inferno dovremmo
pagare per i nostri falli. Perché dovremmo voler andare
all'inferno?'
La
bhiksuni dice: 'Io mi ricordo che, nella mia propria vita passata,
ero una prostituta, indossavo ogni sorte di vestiti, e parlavo in una
lingua antiquata [86].
Un giorno, indossai la sottana di bhiksuni per scherzare, e cagion di
quello, direttamente e indirettamente, all'epoca del Buddha
Kâçyapa [87],
diventai bhiksuni. Ero ancora prode del mio nobile pedigree e della mia
bella
apparenza: la vanità e l'arroganza sorgero
nella mia mente,
e infransi i precetti. A cagion del fallo
commesso infrangendoli, sono caduta nell'inferno ed ho
sofferto
per le mie diverse colpe, ma dopo aver pagato, ho finito per incontrare
il Buddha
Çâkyamuni,
ho trasceso la vita di famiglia e ottenuto i sei poteri mistici e la
verità dell'arhat. So quindi che lasciando la vita di
famiglia e
ricevendo i precetti,
pur infrangendo questi ultimi, a cagion dei precetti in quanto cause
dirette e indirette, si può accedere alla
verità di
un arhat. Se mi fossi accontentata di non fare il male, senza
i
precetti in quanto cause dirette
e indirette, non sarei potuta accedere alla verità. Nel
passato,
io sono stata all'inferno, era dopo era. Quando uscivo, diventavo una
persona cattiva , e quando questa persona cattiva moriva,
andavo
direttamente all'inferno, e non c'era nulla da guadagnare.
Dunque, so adesso, per esperienza, che lasciando la
vita di famiglia, e ricevendo i precetti, pur infrangendoli, con quello
come cause dirette e indirette, si può accedere
all'effetto-bodhi [88].
le [90]
La causa primaria che fa sicché questa
bhiksuni Utpalavarnâ [89]
arrivi alla verità in quanto arhat è nient'altro
che il merito d'aver indossato il kasâya per scherzare;
è per causa di questo merito, e di nessun altro, ch'ella
è ora giunta alla verità.
Nella nua seconda vita, essa incontra Dharma del Buddha
Kaçyapa e diventa una bhiksuni. Nella terza, essa incontra
il Buddha
Çâkyamuni e diventa un grande arhat, provisto
delle
tre sorte de conoscenza e dei sei poteri. Le tre sorte di conoscenza
sono la penetrazione sovrannaturale,
[la conoscenza delle] vite passate, e l'aver posto fine al
superfluo. I sei poteri sono quello della transmutazione mistica,
quello di conoscere il pensiero altrui, quello della vista
sovrannaturale, quello dell'udito sovrannaturale, quello di conoscere
le vite passate, e quello di por fine al superfluo [90].
Certo, quando essa era poco più di una facitrice di torti,
è morta ed è andata all'inferno in vano,
uscendone solo per ridiventare una facitrice di torti. [Ma] quando essa
ha ricevuto i precetti in quanto cause dirette ed
indirette, pur avendoli trasgrediti tutti, ed essendo ritornata
all'inferno, essi sono la causa diretta ed indiretta
di che, al fine, essa sia giunta alla
verità. Ora dunque, persino chi ha indossato il
kasâya per scherzare può giungere alla
verità nella sua terza vita. Come mai chi ha stabilito la
fede pura e indossa il kasâya allo scopo dello stato supremo
della bodhi
potrebbe mancare ad acquisire questo merito? Per di più,
ancora, se noi riceviamo e custodiamo questo
kasâya, e lo riceviamo umilmente sopra la testa, il
merito ben potrebbe essere universel e
grande aldilà di ogni misura.
Ogni essere umano che vorrebbe stabilire la mente di
bodhi dovrebbe ricevere e protéger il
kasâya, e riceverlo umilmente sulla testa, senza indugio. Aver incontrato questa
era favorevole ma non aver seminato un seme buddhista sarebbe
deplorabile. Aver ricevuto un corpo umano sul continente del Sud [91],
aver incrociato le Dharma
del Buddha Çâkyamuni, e essere
nato per incontrare un maestro ancestrale che è un
successore perfettamente legittimo del Buddha-Dharma, e passare con
spensieratezza accanto alla fortuna di ricevere il kasâya che
è stato trasmesso faccia-a-faccia e che
è direttamente accessibile, ecco cosa sarebbe
deplorabile. Ora,
rispetto alla trasmissione autentica del kasâya, l'unica
trasmissione autentica in provenienza del maestro ancestrale
è giusta e tradizionale; gli altri maestri non possono
reggersi spalla contro spalla con lui. Persino ricevere
e custodire il kasâya di un maestro che non ha
ricevuto la
trasmissione malgrado tuttto di un profondo merito. Ma ben
più di quello, se noi riceviamo e custodiamo [il
kasâya] da un vero maestro che ha molto
legittimamente ricevuto la trasmissione faccia-a-faccia, noi possiamo
davvero essere figli del Dharma e nipoti del Dharma del
Tathâgata egli stesso, e possiamo aver ricevuto nei fatti la
trasmissione
autentica della pelle, della carne, delle ossa e del midollo del
Tathâgata. Il
kasâya, in conclusione, è stato autenticamente
trasmesso dai buddha dei tre tempi e delle dieci direzioni, senza
interruzione; è ciò che i buddha, i
bodhisattva, i çrâvaka ed i pratyekabuddha
dei tre tempi e delle dieci direzioni hanno, allo stesso modo, tenuto e
custodito.
[93]
Il cottone grossolano è il
[materiale] standard per fare il kasâya. Quando non ce
n'è, si usa tessuto de cottone fino. Quando non
c'è né l'un né l'altro, si
usa seta grezza.
Quando non c'è né seta [grezza]
né cottone, si possono usare tessuti come il cottone a
motivi [92]
o
la seta fina; [sono tutti] approvati dal
Tathâgata. Per i paesi dove non c'è né
seta grezza, né cottone, né tessuto a motivi,
né seta fina o checchessia del genere, il
Tathâgata concede anche il kasâya di cuoio. Di
solito, si deve tingere il kasâya in blù, in
giallo, in rosso, in nero o in viola. Poco importa il colore, ci vuole
fare un colore secondario [93].
Il Tathâgata indossò sempre un
kasâya colore carne;
tal era il colore del kasâya. Il
kasâya del Buddha trasmesso dal Primo Patriarca era blu-nero,
e fatto col crespo di cottone dei Paradisi dell'Ovest. Adesso sta sul
monte
Sokei. Fu trasmesso ventotto volte nei Paradisi dell'Ovest prima di
essere trasmesso cinque volte in Cina. Adesso, i discepoli surperstiti
del buddha eterno di Sokei [94],
che hanno tutti ricevuto e mantenuto gli antichi costumi della sottana
buddhistica sono aldilà degli altri monaci. Grosso modo, ci
sono tre sorte de sottana: 1)
la sottana di stracci, 2) la sottana di pelliccia e 3) la sottana di
pezze. Gli
stracci sono ciò che è stato
spiegato in precedenza. Nel "la
sottana di pelliccia",
il pelo [e la peluria] fini degli animali e degli uccelli viene
chiamato "pelliccia".
Quando i praticanti non possono ottenere stracci, colgono
[questa] pelliccia e se ne fanno una sottana. La "sottana di pezze"
descrive il nostro cucire a partire di pezze, ed il fatto d'indossare
[un tessuto] che è stato logorato e ridotto a stracci col
tempo; non indossiamo i bei vestiti del mondo secolare [95].
[95] §
Il venerabile monaco [96]
Upâli [97]
chiede all'Onorato del Mondo: "Badhanta[98] onorato del Mondo! Quante
striscie comprende la sottana samghâti ?"
Il Buddha risponde: "Ce ne sono dicianove sorte. Quali sono queste nove
sorte? Sono [la sottana samghâti] da nove striscie, undici
striscie, tredici striscie, quindici striscie, diciassette striscie,
diciannove striscie, ventuno striscie, ventitre striscie e venticinque
striscie. Le tre prime di queste sorte di sottana samghâti
hanno due segmenti lunghi e uno corto [in ogni striscia], e
dobbiamo mantenere [la norma] così com'è. Le tre
altre sorte hanno
tre lunghi [segmenti] e uno corto, e le tre ultime hanno
quattro lunghi e uno corto. Una qualsiasi [che comprendesse]
più [segmenti] a striscia diventa una sottana eterodossa" [99]".
Upâli si rivolge ancora una volta all'Onorato del Mondo: "Badhanta onorato del Mondo! Quante sono
le sorte di sottana samghâti?"
Il Buddha dice: "Ce ne sono di
tre sorte: grande, media e piccola [100].
La più grande fa tre cubiti di lunghezza per cinque cubiti
di larghezza [101].
La piccola ne fa due e mezzo di long per quattro e mezzo di larghezza.
Tutto quanto si trova tra questi due si chiama medio."
Upâli si rivolge ancora all'Onorato del Mondo: "Badhanta onorato del Mondo! Quante sono
le striscie nella sottana uttarâsamga [102]?"
Il Buddha dice: "Ha sole sette striscie, ognuna avendo due segmenti
lunghi e uno corto.
Upâli si rivolge
ancora all'Onorato del Mondo: "Badhanta onorato del Mondo! Quante sono
le sorte di sottana a sette striscie?"
Il Buddha dice: "Ce ne sono di
tre sorte: grande, media e piccola.
La più grande fa tre cubiti di lunghezza per cinque cubiti
di larghezza. La piccola è di un mezzo cubito più
piccola da ambedue le parti, e tutto quanto si trova tra questi
due si chiama medio."
Upâli si rivolge
ancora all'Onorato del Mondo: "Badhanta onorato del Mondo! Quante sono
le striscie nella sottana antarvâsa [103]?"
Il Buddha dice: "Essa ha cinque
striscie, ognuna avendo un segmento lungo e uno corto.
Upâli
si rivolge ancora all'Onorato del Mondo: "Badhanta onorato del Mondo! Quante sono
le sorte di sottana antarvâsa?"
Il Buddha dice: "Ce ne sono di
tre sorte: grande, media e piccola.
La più grande fa tre cubiti per cinque. La media e la
piccola sono come qui sopra [104]." Il Buddha dice: "Ci sono altre due sorte di sottana
antarvâsa. Quali sono queste due? La prima fa due cubiti di
lunghezza per cinque cubiti di larghezza, e la seconda fa due cubiti di
lunghezza per quattro cubiti di larghezza."
La samghâti si traduce con "la sottana di due spessori",
l'uttarâsamga si traduce con "la sottana di sopra" e
l'antarvâsa si traduce con "la sottana di sotto" o
"la sottana inferiore". Allo stesso tempo, la sottana
samghâti
è chiamata "la grande sottana", ed anche "la
sottana
per entrare nel palazzo reale" o "la sottana per predicare il Dharma".
L'uttarâsamga è chiamato "la sottana di sette
striscie",
o "la sottana media" o "la sottana per andare nel Samgha".
L'antarvâsa è chiamato "la sottana di cinque
striscie" o la "sottana piccola" o "la sottana per praticare la
verità e per lavorare".
79- Sûtra e vinaya sono due
dei tre "cesti", o sorte d'insegnamenti buddhistici. Vinaya significa
direzione, disciplina, istruzione o insegnamento; cioè i
precetti e i testi rispettivi. Il tripitaka,
o triplice cesto, comprende: 1) i sûtra,il vinaya
(precetti) e l'abhidharma
(commenti).[ritorno] 80- Inchi, lett.,
"stato causal", che significa lo stato che ha fatto sicché
il Buddha diventò un buddha. [ritorno] 81- Maestro
Nâgârjuna fu il quattordicesimo patriarca in India,
il successore di maestro Kapimala e l'insegnante di maestro
Kânadeva. Visse nei dintorni del periodo che va dal 150 al
250 della nostra era. Questo passo è tratto da una
traduzione cinese del Mahâ-prajñâ-pâramitâ-çâstra,
cui si pensa esser stato scritto e compilato
principalmente da maestro
Nâgârjuna egli stesso. [ritorno] 82- Shukkenin,
o "la gente che ha lasciato la casa"; monaci
e monache. [ritorno] 83- Honsho-kyô,
lett. "Sûtra delle vite passate". Storie
leggendarie delle vite passate del Buddha in quanto
bodhisattva. [ritorno] 84- Vedi la spiegazione al peragrafo che
segue. [ritorno] 85- Stato ultimo di uno çrâvaka,
o buddhista intellettuale, identificato con lo stato
di buddha. 86- Era il costume nelle case chiuse
orientali di utilizzare una lingua antiquata. Il costume si protrasse
in Giappone sino alla fine dell'era Edo [1868]. [ritorno] 87- Vedi nota 23. [ritorno] 88- Daichidô-ron,
cap. 30. [ritorno] 89- Nella traduzione cinese del Mahâ-prajñâ-pâramitopadeça,
il nome sanscrito
Utpalavarnâ, significando Colore del
Loto
Blu, è rappresentato dai
caratteri U-bara-ke.
Ubara è una resa fonetica di utpala (loto blu)
e ke significa
fiore. Il nome qui è Renge-shiki,
Colore di loto". [ritorno] 90- Jinzu,
rappresenta la parola sanscrita
abhijña: scienza
o facoltà sovrannaturale di un buddha tra cui cinque sono 1)
la facoltà di prendere una forma qualsiasi a
volontà, 2) udire ad una distanza qualsiasi,
3) vedere ad una distanza qualsiasi, 4)
penetrare i pensieri degli esseri umani, 5) conoscere il loro stato e i
loro antecedenti. cf.
SdL, cap. 24. [ritorno] 91- Gli antichi Indiani immaginarono un
Universo di quattro continenti circondanti una
grande montagna, con esseri celestiali al nord,
e gli umani al sud. Il continente del Sud significa quindi il mondo
umano. [ritorno] 92- Ryo,
aya. Aya è un tessuto dal motivo tessuto in
diagonale. [ritorno] 93- E-jiki,
lett., "dal colore sfumato", cioè non un colore
primario vivo e carino. [ritorno] 94- Maestro Daikan Eno, il Sesto
Patriarca di Cina. [ritorno] 95- Le sezioni in italici sono in soli
caratteri cinesi, indicando che si tratta di una citazione tratta
direttamente da un testo cinese. [ritorno] § A partire da qui, sino
al paragrafo [98], abbiamo un passo del Konpon-issai-u-bu-hyaku-ichi-katsuma
(101 costumi della scuola
Mûla-sarvâstivâdin). In
caratteri cinesi, la scuola Sarvâstivâdin si scrive Setsu-issai-u-bu, "la scuola
che predica che ogni cosa esiste". Maestro
Dôgen stimava particolarmente i loro insegnamenti.[ritorno] 96- "Venerabile monaco" è qui guju, lett., "
possiede la longevità", rappresentando le parola sanscrito âyusmat, termine
di riverenza utilizzato per i discepoli del Buddha. Questa parola
significa letteralmente una persona vigorosa
o piena di vitalità, una persona dalla vita lunga. [ritorno] 97- Upâli
era uno dei dieci grandi discepoli del Buddha, detto esser stato il
primo per mantenere il vinaya. Prima di diventare monaco, era stato
barbiere alla reggia. [ritorno] 98- Daitoku-seson, lett.,
"Grande virtuoso onorato del Mondo". Daitoku rappresenta il sanscrito badhanta, una
epiteta del Buddha. [ritorno] 99- Hano, lett.,
[sottana] "rotta rappezzata". No,
"rappezzamenti" suggerisce la sottana buddhistica stessa.
[ritorno] 100- Jô, chu, ge,
lett., "superiore, medio, inferiore". [ritorno] 101- Il cubito è chu, lett.,
"gomito", che rappresenta il sanscrito hasta,
significa avambraccio o cubito. Il cubito, o nobechuen
giapponese, è la misura di base per fare un
kasâya. Non è una misura fissa; la si ottiene
misurando la distanza dal gomito sino all'estremità del
pugno, o la distanza dal gomito sino all'estremità del dito
maggiore, della persona che porterà il kasâya. [ritorno] 102- La parola sanscrita uttarâsamga significa
un vestito di sopra. Questa sottana deve essere indossata
per prosternarsi, per ascoltare le conferenze formali e per radunarsi
per la confessione. [ritorno] 103- La parola sanscrita antarvâsa
significa vestito di sotto. [ritorno] 104- Come per la sottana uttarâsamga, la
più piccola fa mezzo cubito di meno da ambedue i lati,
e tutto quel che c'è tra questi due viene chiamato medio. [ritorno]