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Shôbôgenzô Kesa kudoku di maestro Dôgen




 
  I meriti del kasâya quarta parte
(Ritorno alla terza parte)



[86]    Sin dall'epoca in cui il Tathâgata stava nel mondo sino ad oggi, ogni volta che i meriti del kasâya vengono citati nei sûtra o il vinaya [79] dei bodhisattva e des çrâvaka, questi cinque meriti sacri vengono sempre considerati fondamentali. Certo, i kasâya sono le sottane buddhistiche dei buddha dei tre tempi. I loro meriti sono incommensurabili. Allo stesso tempo, meglio vale, probabilmente, ottenere il kasâya nel Dharma del Buddha Çâkyamuni che di ottenerlo nel Dharma degli altri buddha. La cagione, se me la si chiede, è che nel passato antico, quando il Buddha Çâkyamuni stava nello stato causale [80] in quanto bodhisattva-mahâsattva Grande Compassione, quando offrì i suoi cinquecento grandi voti al Buddha Gioiello-Tesoro, egli fece precisamente questi voti  in termini dei meriti di questo kasâya. Questi meriti possono essere assotalumente incommensurabili e impensabili. Stando a che, la trtrasmissione autentica al presente della peau, della carne, delle ossa e del midollo dell'Onorato del Mondo è la sottana kasâya.
I maestri a
ncestrali che hanno autenticamente trasmesso il tesoro dell'occhio del Dharma giusto hanno tutti, senza eccezione, autenticamente trasmesso il kasâya. Gli esseri vivi che hanno ricevuto e custodito questa sottana e l'hanno umilmente ricevuta sopra la loro testa hanno, senza eccezione, colpito la verità in due o tre vite. Persino quando ci fu gente a mettersi [il kasâya] sul corpo per scherzare o per interesse, esso è inevitabilmente diventato le cause e le condizioni per che colsero la verità.

[87]    Il maestro ancestrale Nâgârjuna [81] dice: "Per di più, nel Buddha-Dharma, la gente che ha lasciato la vita di famiglia [82], pur infrangendo i precetti e cadendo nel fallo, dopo l'aver espiato i suoi mancamenti, può arrivare alla liberazione, anziché lo spiega la bhiksuni Utpalavarnâ nel Jâtaka sûtra [83]: Quando il Buddha è nel mondo, questa bhiksuni ottiene i sei poteri mistici [84] e lo stato di arhat [85]. Ella va nelle case nobili e fa costantemente l'elogio del lasciare la vita di famiglia, dicendo a tutte le donne dell'aristocrazia: 'Sorelle! Bisogna che voi lasciate la vita di famiglia!'

Le donne della nobiltà dicono: 'Noi siamo giovane e i nostri visi sono pieni di vita e di beltà. Ci risultarebbe difficile rispettare i precetti. Ci potrebbe succedere d'infrangerli.'

La bhiksuni dice: 'Se infrangete i precetti, gl'infrangete. Lasciate pure la vita di famiglia!'

Esse chiedono: 'Se infrangiamo i precetti andremo all'inferno. Peròché dovremmo voler infrangerli?'

Essa le risponde: 'Se cadete nell'inferno, cadete pure'.

Le donne nobili a quello ridono tutte, dicendo: 'Nell'inferno dovremmo pagare per i nostri falli. Perché dovremmo voler andare all'inferno?'

 La bhiksuni dice: 'Io mi ricordo che, nella mia propria vita passata, ero una prostituta, indossavo ogni sorte di vestiti, e parlavo in una lingua antiquata [86]. Un giorno, indossai la sottana di bhiksuni per scherzare, e cagion di quello, direttamente e indirettamente, all'epoca del Buddha Kâçyapa [87], diventai bhiksuni. Ero ancora prode del mio nobile pedigree e della mia bella apparenza: la vanità e l'arroganza sorgero nella mia mente, e infransi i precetti.  A cagion del fallo  commesso infrangendoli, sono caduta nell'inferno ed ho sofferto per le mie diverse colpe, ma dopo aver pagato, ho finito per incontrare il Buddha Çâkyamuni, ho trasceso la vita di famiglia e ottenuto i sei poteri mistici e la verità dell'arhat. So quindi che lasciando la vita di famiglia e ricevendo i precetti, pur infrangendo questi ultimi, a cagion dei precetti in quanto cause dirette e indirette, si può accedere alla verità di un arhat.  Se mi fossi accontentata di non fare il male, senza i precetti in quanto cause dirette e indirette, non sarei potuta accedere alla verità. Nel passato, io sono stata all'inferno, era dopo era. Quando uscivo, diventavo una persona cattiva , e quando questa persona cattiva moriva, andavo direttamente all'inferno, e non c'era nulla da guadagnare.  Dunque, so adesso, per esperienza, che lasciando la vita di famiglia, e ricevendo i precetti, pur infrangendoli, con quello come cause dirette e indirette, si può accedere all'effetto-bodhi [88].
le
[90]    La causa primaria che fa sicché questa bhiksuni Utpalavarnâ [89] arrivi alla verità in quanto arhat è nient'altro che il merito d'aver indossato il kasâya per scherzare; è per causa di questo merito, e di nessun altro, ch'ella è ora giunta alla verità.  Nella nua seconda vita, essa incontra Dharma del Buddha Kaçyapa e diventa una bhiksuni. Nella terza, essa incontra il Buddha Çâkyamuni e diventa un grande arhat, provisto delle tre sorte de conoscenza e dei sei poteri. Le tre sorte di conoscenza sono la penetrazione sovrannaturale, [la conoscenza delle] vite passate, e l'aver posto fine al superfluo. I sei poteri sono quello della transmutazione mistica, quello di conoscere il pensiero altrui, quello della vista sovrannaturale, quello dell'udito sovrannaturale, quello di conoscere le vite passate, e quello di por fine al superfluo [90]. Certo, quando essa era poco più di una facitrice di torti, è morta ed è andata all'inferno in vano, uscendone solo per ridiventare una facitrice di torti. [Ma] quando essa ha ricevuto i precetti in quanto cause dirette ed indirette, pur avendoli trasgrediti tutti, ed essendo ritornata all'inferno, essi sono la causa diretta ed indiretta di che, al fine, essa sia giunta alla verità. Ora dunque, persino chi ha indossato il kasâya per scherzare può giungere alla verità nella sua terza vita. Come mai chi ha stabilito la fede pura e indossa il kasâya allo scopo dello stato supremo della bodhi potrebbe mancare ad acquisire questo merito? Per di più, ancora, se noi riceviamo e custodiamo questo kasâya, e lo riceviamo umilmente sopra la testa, il merito ben potrebbe essere universel e grande aldilà di ogni misura. Ogni essere umano che vorrebbe stabilire la mente di bodhi dovrebbe ricevere e protéger il kasâya, e riceverlo umilmente sulla testa, senza indugio.
Aver incontrato questa era favorevole ma non aver seminato un seme buddhista sarebbe deplorabile. Aver ricevuto un corpo umano sul continente del Sud [91], aver incrociato le Dharma del Buddha Çâkyamuni, e essere nato per incontrare un maestro ancestrale che è un successore perfettamente legittimo del Buddha-Dharma, e passare con spensieratezza accanto alla fortuna di ricevere il kasâya che è stato trasmesso faccia-a-faccia e che è direttamente accessibile, ecco cosa sarebbe deplorabile.
Ora, rispetto alla trasmissione autentica del kasâya, l'unica trasmissione autentica in provenienza del maestro ancestrale è giusta e tradizionale; gli altri maestri non possono reggersi spalla contro spalla con lui. Persino ricevere e custodire il kasâya di un maestro che non ha ricevuto la trasmissione malgrado tuttto di un profondo merito. Ma ben più di quello, se noi riceviamo e custodiamo [il kasâya] da un vero maestro che ha molto legittimamente ricevuto la trasmissione faccia-a-faccia, noi possiamo davvero essere figli del Dharma e nipoti del Dharma del Tathâgata egli stesso, e possiamo aver ricevuto nei fatti la trasmissione autentica della pelle, della carne, delle ossa e del midollo del Tathâgata. Il kasâya, in conclusione, è stato autenticamente trasmesso dai buddha dei tre tempi e delle dieci direzioni, senza interruzione; è ciò che i buddha, i bodhisattva, i çrâvaka ed i pratyekabuddha dei tre tempi e delle dieci direzioni hanno, allo stesso modo, tenuto e custodito.

[93]     Il cottone grossolano è il [materiale] standard per fare il kasâya. Quando non ce n'è, si usa tessuto de cottone fino. Quando non c'è né l'un né l'altro, si usa seta grezza.  Quando non c'è né seta [grezza] né cottone, si possono usare tessuti come il cottone a motivi [92] o la seta fina; [sono tutti] approvati dal Tathâgata. Per i paesi dove non c'è né seta grezza, né cottone, né tessuto a motivi, né seta fina o checchessia del genere, il Tathâgata concede anche il kasâya di cuoio. Di solito, si deve tingere il kasâya in blù, in giallo, in rosso, in nero o in viola. Poco importa il colore, ci vuole fare un colore secondario [93].  Il Tathâgata indossò sempre un kasâya colore carne; tal era il colore del kasâya. Il kasâya del Buddha trasmesso dal Primo Patriarca era blu-nero, e fatto col crespo di cottone dei Paradisi dell'Ovest. Adesso sta sul monte Sokei. Fu trasmesso ventotto volte nei Paradisi dell'Ovest prima di essere trasmesso cinque volte in Cina. Adesso, i discepoli surperstiti del  buddha eterno di Sokei [94], che hanno tutti ricevuto e mantenuto gli antichi costumi della sottana buddhistica sono aldilà degli altri monaci. Grosso modo, ci sono tre sorte de sottana: 1) la sottana di stracci, 2) la sottana di pelliccia e 3) la sottana di pezze. Gli stracci sono ciò che è stato spiegato in precedenza. Nel "la sottana di pelliccia", il pelo [e la peluria] fini degli animali e degli uccelli viene chiamato "pelliccia". Quando i praticanti non possono ottenere stracci, colgono [questa] pelliccia e se ne fanno una sottana. La "sottana di pezze" descrive il nostro cucire a partire di pezze, ed il fatto d'indossare [un tessuto] che è stato logorato e ridotto a stracci col tempo; non indossiamo i bei vestiti del mondo secolare [95].

[95] §     Il venerabile monaco [96] Upâli [97] chiede all'Onorato del Mondo: "Badhanta [98] onorato del Mondo! Quante striscie comprende la sottana samghâti ?"

Il Buddha risponde: "Ce ne sono dicianove sorte. Quali sono queste nove sorte? Sono [la sottana samghâti] da nove striscie, undici striscie, tredici striscie, quindici striscie, diciassette striscie, diciannove striscie, ventuno striscie, ventitre striscie e venticinque striscie. Le tre prime di queste sorte di sottana samghâti hanno due  segmenti lunghi e uno corto [in ogni striscia], e dobbiamo mantenere [la norma] così com'è. Le tre altre sorte hanno tre lunghi [segmenti] e uno corto, e le tre ultime hanno quattro lunghi e uno corto. Una qualsiasi [che comprendesse] più [segmenti] a striscia diventa una sottana eterodossa" [99]".

Upâli si rivolge ancora una volta all'Onorato del Mondo:
"Badhanta onorato del Mondo! Quante sono le sorte di sottana samghâti?"

Il Buddha dice: "Ce ne sono di tre sorte: grande, media e piccola [100]. La più grande fa tre cubiti di lunghezza per cinque cubiti di larghezza [101]. La piccola ne fa due e mezzo di long per quattro e mezzo di larghezza. Tutto quanto si trova tra questi due si chiama medio."

Upâli si rivolge ancora all'Onorato del Mondo:
"Badhanta onorato del Mondo! Quante sono le striscie nella sottana uttarâsamga [102]?"

Il Buddha dice: "Ha sole sette striscie, ognuna avendo due segmenti lunghi e uno corto.

Upâli si rivolge ancora all'Onorato del Mondo: "Badhanta onorato del Mondo! Quante sono le sorte di sottana a sette striscie?"

Il Buddha dice: "Ce ne sono di tre sorte: grande, media e piccola. La più grande fa tre cubiti di lunghezza per cinque cubiti di larghezza. La piccola è di un mezzo cubito più piccola da ambedue le parti, e tutto quanto si trova tra questi due si chiama medio."

Upâli si rivolge ancora all'Onorato del Mondo: "Badhanta onorato del Mondo! Quante sono le striscie nella sottana antarvâsa [103]?"

Il Buddha dice: "Essa ha cinque striscie, ognuna avendo un segmento lungo e uno corto.

Upâli si rivolge ancora all'Onorato del Mondo: "Badhanta onorato del Mondo! Quante sono le sorte di sottana antarvâsa?"

Il Buddha dice: "Ce ne sono di tre sorte: grande, media e piccola. La più grande fa tre cubiti per cinque. La media e la piccola sono come qui sopra [104]."
Il Buddha dice: "Ci sono altre due sorte di sottana antarvâsa. Quali sono queste due? La prima fa due cubiti di lunghezza per cinque cubiti di larghezza, e la seconda fa due cubiti di lunghezza per quattro cubiti di larghezza."

La samghâti si traduce con "la sottana di due spessori", l'uttarâsamga si traduce con "la sottana di sopra" e l'antarvâsa si traduce con "la sottana di sotto" o "la sottana inferiore". Allo stesso tempo, la sottana samghâti è chiamata  "la grande sottana", ed anche "la sottana per entrare nel palazzo reale" o "la sottana per predicare il Dharma". L'uttarâsamga è chiamato "la sottana di sette striscie", o "la sottana media" o "la sottana per andare nel Samgha". L'antarvâsa è chiamato "la sottana di cinque striscie" o la "sottana
piccola" o "la sottana per praticare la verità e per lavorare".


Il seguito del fascicolo Kesa-kudoku
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Note:

79- Sûtra e vinaya sono due dei tre "cesti", o sorte d'insegnamenti buddhistici. Vinaya significa direzione, disciplina, istruzione o insegnamento; cioè i precetti e i testi rispettivi. Il tripitaka, o triplice cesto, comprende: 1) i sûtra, il vinaya (precetti) e l'abhidharma (commenti).
[ritorno]
80- Inchi, lett., "stato causal", che significa lo stato che ha fatto sicché il Buddha diventò un buddha. 
[ritorno]
81- Maestro Nâgârjuna fu il quattordicesimo patriarca in India, il successore di maestro Kapimala e l'insegnante di maestro Kânadeva. Visse nei dintorni del periodo che va dal 150 al 250 della nostra era. Questo passo è tratto da una traduzione cinese del Mahâ-prajñâ-pâramitâ-çâstra, cui si pensa esser stato scritto e compilato principalmente da maestro Nâgârjuna egli stesso. [ritorno]
82- Shukkenin, o "la gente che ha lasciato la casa"; monaci e monache. [ritorno]
83- Honsho-kyô, lett. "Sûtra delle vite passate". Storie leggendarie delle vite passate del Buddha in quanto bodhisattva. [ritorno]
84- Vedi la spiegazione al peragrafo che segue. [ritorno]
85- Stato ultimo di uno çrâvaka, o buddhista intellettuale, identificato con lo stato di buddha.
86- Era il costume nelle case chiuse orientali di utilizzare una lingua antiquata. Il costume si protrasse in Giappone sino alla fine dell'era Edo [1868]. [ritorno]
87- Vedi nota 23. [ritorno]
88- Daichidô-ron, cap. 30. [ritorno]
89- Nella traduzione cinese del Mahâ-prajñâ-pâramitopadeça, il nome sanscrito Utpalavarnâ,  significando Colore del Loto Blu, è rappresentato dai caratteri U-bara-ke. Ubara è una resa fonetica di utpala (loto blu) e ke significa fiore. Il nome qui è Renge-shiki, Colore di loto". [ritorno]
90- Jinzu,  rappresenta la parola sanscrita abhijña:  scienza o facoltà sovrannaturale di un buddha tra cui cinque sono 1) la facoltà di prendere una forma qualsiasi a volontà, 2) udire ad una distanza qualsiasi, 3) vedere ad una distanza qualsiasi, 4) penetrare i pensieri degli esseri umani, 5) conoscere il loro stato e i loro antecedenti. cf. SdL, cap. 24. [ritorno]
91- Gli antichi Indiani immaginarono un Universo di quattro continenti circondanti una grande montagna, con esseri celestiali al nord, e gli umani al sud. Il continente del Sud significa quindi il mondo umano. [ritorno]
92- Ryo, aya. Aya è un tessuto dal motivo tessuto in diagonale. [ritorno]
93- E-jiki, lett., "dal colore sfumato", cioè non un colore primario vivo e carino. [ritorno]
94- Maestro Daikan Eno, il Sesto Patriarca di Cina. [ritorno]
95- Le sezioni in italici sono in soli caratteri cinesi, indicando che si tratta di una citazione tratta direttamente da un testo cinese. [ritorno]
§ A partire da qui, sino al paragrafo [98], abbiamo un passo del Konpon-issai-u-bu-hyaku-ichi-katsuma (101 costumi della scuola Mûla-sarvâstivâdin). In caratteri cinesi, la scuola Sarvâstivâdin si scrive Setsu-issai-u-bu, "la scuola che predica che ogni cosa esiste". Maestro Dôgen stimava particolarmente i loro insegnamenti.
[ritorno]
96- "Venerabile monaco" è qui guju, lett., " possiede la longevità", rappresentando le parola sanscrito âyusmat, termine di riverenza utilizzato per i discepoli del Buddha. Questa parola significa letteralmente una persona vigorosa o piena di vitalità, una persona dalla vita lunga. [ritorno]
97- Upâli era uno dei dieci grandi discepoli del Buddha, detto esser stato il primo per mantenere il vinaya. Prima di diventare monaco, era stato barbiere alla reggia. [ritorno]
98-  Daitoku-seson, lett., "Grande virtuoso onorato del Mondo". Daitoku rappresenta il sanscrito badhanta, una epiteta del Buddha.  
[ritorno]
99-  Hano, lett., [sottana] "rotta rappezzata". No, "rappezzamenti" suggerisce la sottana buddhistica stessa.  
[ritorno]
100- Jô, chu, ge, lett., "superiore, medio, inferiore". [ritorno]
101- Il cubito è chu, lett., "gomito", che  rappresenta il sanscrito hasta,  significa avambraccio o cubito. Il cubito, o nobechuen giapponese, è la misura di base per fare un kasâya. Non è una misura fissa; la si ottiene misurando la distanza dal gomito sino all'estremità del pugno, o la distanza dal gomito sino all'estremità del dito maggiore, della persona che porterà il kasâya. [ritorno]
102- La parola sanscrita uttarâsamga significa un vestito di sopra. Questa sottana deve essere indossata per prosternarsi, per ascoltare le conferenze formali e per radunarsi per la confessione.
[ritorno]
103- La parola sanscrita antarvâsa significa vestito di sotto. [ritorno]
104- Come per la sottana uttarâsamga, la più piccola fa mezzo cubito di meno da ambedue i lati, e tutto quel che c'è tra questi due viene chiamato medio. [ritorno]
 
 

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